Ecco che arriva, Bugo. Quasi di corsa sale sul palco dell’Una e Trentacinque Circa di Cantù, al volo inizia a suonare. È una delle prime date del nuovo tour in solitaria "Acoustic Show" del cantautore marziano al secolo Cristian Bugatti.
Avevo sentito qualcosa su youtube, perché di fisico non è mai uscito nulla, ne sono entrato e uscito convinto: ascoltarlo in acustico è strabiliante, davvero su un altro pianeta rispetto ai concerti standard, anni luce dai dischi. Vederlo lì seduto alla tua stessa altezza, pure lui col bicchiere in mano, come te che stai sui tavolini, che non ti scappano i gesti un po' nevrotici che fa armeggiando con la chitarra acustica, o gli sguardi fissi in camera di un telefono troppo vicino a riprenderlo.
Si entra a forza in un rapporto intimista con quel ragazzo spilungone, col capello ordinato sul lato e le ginocchia alte. Ed è una cosa estremamente bella, in un continuo stupirsi del personaggio, tra l’assurdo e l’esilarante. Mi pareva davvero un UFO, un oggetto non identificabile, così lontano da tutti quei "cantautori degli anni zero" così applauditi e così simili fra loro. Bugo sta lì, sul sottile filo del rasoio fra partecipazione alla superficialità dell’oggi e polemizzazione sempre ironica di quella, che non sai mai fino in fondo lui da che parte cade, e tu pure. Cosa che rimanda un po' a Rino Gaetano, anche per la particolarità della voce, che in lui è sempre così strozzata e tagliente. Bugo ha fatto di sé stesso la contraddizione ultra-umoristica di quella superficialità. Così mi sembra in quello sguardo serio, troppo concentrato, lungo fra i tavolini come a cercare di convincere che non c’è niente da far ridere nel cantare “Io mi rompo i coglioni” ripetuto troppe volte, che “quando passa il tram, mi butterei di sotto, almeno qui qualcosa si fa di diverso dal solito”. E già che c’è l’armonica fissata al petto “vi faccio anche questa”, dice con quel suo modo di parlare al pubblico manco fossimo al bar, attaccando una bellissima ‘C’è crisi’, “c’è crisi dappertutto” e “tu non piangi e non ridi, fai come se niente fosse”, che come tutti i suoi brani ha un testo breve e ripetuto di continuo, così ti entrano in testa meglio tutti i dubbi che si è detto. Se nell’esecuzione dei pezzi, davvero diversi e belli in acustico, si vede appunto quanto siano stati filtrati dal cuore di quel ragazzone, è negli intermezzi fra uno e l’altro che esce di più l’assurdità del personaggio. Che sembra proprio sentirsi un figo quando il pubblico applaude entusiasta, e alza la chitarra esultando, come un ragazzo che fa fatica a contenere la contentezza per tali reazioni, sempre un po' impacciato, timido ma sfacciato quando sbrocca davanti all’impertinenza dello stesso tizio che vuole fare un video a tutti i costi piazzandosi davanti che non si vedeva niente. Ti fa sentire veramente vicino in certi momenti, come fosse un fratello minore che ti fa ridere e, al contempo, provare tenerezza. Questa vicinanza con noi del pubblico è al massimo quando parte con “I miei contatti son sempre gli stessi..” di ‘Nel giro giusto’, con un nostro coretto di “oooh” a completare il brano, mai sentito così ordinato e a tempo ad un concerto. E quando chiede “Allora ragazzi, tutto a posto?” e sembra proprio che gli fosse passato per il cervello di saperlo.
Oltre ai classiconi ha preparato anche due cover dice, ma “aspetta un attimo che devo leggere i testi”. Sono la bellissima "Agnese" di Ivan Graziani, che davvero si sente troppo poco spesso in giro. E pure lui dice: “Bravo sto Graziani, l’ho scoperta un mese fa questa”. E un sorprendente medley fra "Supermarket" di Battisti e la sua vecchia "Ggeell", fotografia paradossale e impietosa del cambio di passo irrimediabile della società italiana e dei suoi giovani nei ‘90 (“Dov’è finito il gel? Io non esco se non ho il mio gel”). Una sorpresa il brano preso dall’ultimo album (Nessuna scala da salire, Carosello records 2016), "Deserto", che come racconta nella versione-intervista del disco, “parla di uno che si è perso conquistata la libertà di star solo nel deserto”, ma che si chiude con un invito a “lanciarsi, a partire in modo deciso”, dove “non ci sono barriere né scale da salire”, e quindi, a tutti voi, “buona continuazione”.
Federico Bosis
