Colpi di Poesia

E' stato l'estate scorsa durante la guerra, una delle tante volte che ero scappato di casa. Ero sceso al fiume per riempire la borraccia. C'era un soldato prussiano non molto più vecchio di me che stava dormendo. L'osservai per diverso tempo prima di rendermi conto che non stava affatto dormendo, era morto. E questo fatto fu un evento illuminante per me. Capii che ciò che mi serviva per divenire il maggior poeta di questo secolo era sperimentare ogni cosa sul mio corpo. Per me non era più sufficiente essere una persona. Decisi di essere tutti”.

(Arthur Rimbaud)

I primi di settembre del 1871 il noto poeta Paul Verlaine ricevette una lettera da un giovane ragazzo delle Ardenne che avrebbe cambiato per sempre la sua esistenza. Infatti, fatta eccezione per la sua grande arte poetica, la vita dell'artista fino a quel momento poteva essere sintetizzata nel termine che avrebbe poi indicato il movimento artistico e letterario di cui egli stesso divenne noto esponente: decadente. I versi raccolti nei “Poèmes saturniens” rispecchiavano la malinconia e la tristezza di un'esistenza che stava scivolando mestamente tra i Café di Parigi. Il suo legame con l'alcol, in particolare con l'assenzio, cresceva di pari passo con la disillusione dovuta al suo legame, privo di amore, con la giovane borghese Mathilde Mauté. Inoltre, la partecipazione alla Comune di Parigi, che gli fece perdere il lavoro, e l'imminente nascita del figlio, suggellarono ironicamente la sua condizione: quella di poeta votato allo scandalo per incitare al rifiuto della morale borghese, costretto a vivere nell'angusta dimora della famiglia della moglie.

Data la sua sgradevole condizione esistenziale, Verlaine non indugiò un solo istante nel rispondere alla lettera proveniente dalle Ardenne, che conteneva otto straordinarie poesie di un certo Arthur Rimbaud. "Mia cara, grande anima, venga a noi, lei è convocato, lei è atteso." Il 24 settembre, alla stazione di Parigi, il noto poeta attese entusiasta l'arrivo del treno proveniente da Charleville su cui viaggiava il giovane scrittore. E quando l'ultimo fischio sentenziò l'arresto del treno, dagli scalini del vagone scese un ragazzotto dall'espressione sorniona che Verlaine accolse nella casa dei suoceri. Arthur Rimbaud aveva 17 anni ed era deciso a rivoluzionare l'arte della poesia. Già da un anno aveva abbandonato gli studi e aveva iniziato a vagabondare, cercando di sublimare l'ignoto attraverso la dissolutezza e la sregolatezza. Una sregolatezza che riguardava tutti i sensi e che aveva come fine quello di raggiungere la conoscenza della propria anima, fondamentale (secondo lui) per poter diventare poeta. Ma per fare questo, Rimbaud cercava una rotta, e vide in Verlaine la guida ideale. Il giovane credeva che lo stare insieme sarebbe stato utile per entrambi: per Verlaine, che avrebbe potuto riassaporare l'amore per la scrittura, lasciandosi alle spalle il suo endemico torpore, e per Rimbaud, che aveva molte cose da dire e che avrebbe appreso dal maestro come farlo.

Il passionale e turbolento rapporto che avrebbe fatto seguito al loro incontro è stato enfaticamente raccontato dalla regista e sceneggiatrice polacca Agnieszka Holland nel film “Total Eclipse” (in italiano “Poeti dall'Inferno”) del 1995. La dissolutezza totale a cui i due artisti si lasciarono andare nei due anni seguenti avrebbe avuto, tuttavia, ripercussioni dolorose nelle loro vite e strascichi inguaribili nelle loro anime. Fin da subito Verlaine rimase folgorato dall'acutezza mentale e dalla libertà d'animo del giovane Rimbaud. Se in un primo momento il loro rapporto si limitò a qualche problema con la legge per comportamenti osceni e con i soci dei circoli letterari da cui vennero poi banditi per i comportamenti irriguardosi del giovane, in un secondo momento Verlaine lasciò la moglie e il figlio appena nato e decise di viaggiare con il suo giovane compagno per lunghi periodi fuori dalla Francia. Lasciatisi alle spalle il drammatico ménage à trois con Mathilde, i due iniziarono una lunga peregrinazione attraverso l'Europa che toccò l'Oceano (mai visto prima dal giovane), Bruxelles e, dopo un breve ripensamento in cui Verlaine tornò dalla moglie per poi scappare di nuovo, Londra. Ma se da una parte il vagabondaggio fu provvidenziale per nutrire la loro vena poetica, dall'altro non riuscì a placare l'abuso d'alcol e le follie dell'uno e dell'altro che avevano accompagnato fin dall'inizio il loro rapporto. Une saison en enfer (titolo dell'”autobiografia psicologica” scritta da Rimbaud successivamente) era dunque alle porte. Gli alterchi tra i due, ma soprattutto la richiesta di divorzio pervenuta a Verlaine, spinsero il poeta ad abbandonare Rimbaud per tornare a Bruxelles dove non vi sarebbe stata via di mezzo tra due estremi: o il perdono della moglie o un proiettile in testa. Tuttavia, a raggiungere Verlaine a Bruxelles fu nuovamente Rimbaud che, deluso dall'abbandono, decise di lasciarlo per fare ritorno a Parigi. Il tempo per i versi poetici era ormai finito. Verlaine, disperato e ubriaco, uscì di casa e alla galleria Saint-Hubert comprò un revolver Lefaucheux calibro sette millimetri. Tornò in albergo, chiuse la porta della stanza e lasciò partire due colpi alla cieca contro il giovane amante. Rimbaud rimase ferito ad una mano e venne ricoverato. Verlaine invece cadde in disperazione. La società che tanto aveva denigrato era pronta a prendersi la sua rivincita: all'epoca amare un uomo era ancora considerato più grave che sparargli. E così, dopo il referto medico dell'umiliante ispezione corporale a cui venne sottoposto, arrivò il verdetto: due anni di reclusione e 200 franchi d’ammenda per abitudini di pederastia attiva e passiva.

La loro relazione a colpi di poesia era così giunta al termine. Rimbaud si congedò per sempre da Verlaine due anni dopo, nella Foresta Nera, dove gli annunciò che i suoi ultimi versi erano già stati scritti e che per lui, solo per lui, stava per cominciare una nuova avventura: l'Africa. Qui avrebbe peregrinato per oltre dieci anni, toccando angoli del Continente Nero mai raggiunti da un europeo fino a quel momento, salvo poi tornare in patria per morire, colpito da un tumore al ginocchio. Verlaine, ormai soffocato dalla solitudine e da una tardiva quanto futile conversione religiosa, si fece carico della memoria dell'ingrato compagno curando l'edizione delle sue opere ed inserendone alcune in quello che divenne il simbolico compendio di quella folle e misteriosa stagione letteraria: “I poeti maledetti”. Visse il resto dei suoi giorni cercando di metabolizzare il lutto della propria esistenza, attendendo in qualche bar con due calici di assenzio.

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