I Days Radiohead - pro e contro di un concerto quasi perfetto

Siamo al secondo giorno degli IDays, possiamo sorvolare sulla pessima, per non dire criminale, gestione dell'evento in quanto potete trovare la recensione qui. Potremmo anche sorvolare sul fatto che le performance di James Blake e di Michael Kiwanuka non sono durate più di 45 minuti, potremmo se non avessimo speso 60€ per il biglietto!

Ma poco importa, quando il gruppo di Oxford capitanato da Thom Yorke sale sul palco durante il tramonto brianzolo, passa tutto. Ebbene sì eravamo tutti lì ad aspettare quel momento da tutto il giorno, e c'è poco da scrivere se non  che quando la performance inizia con Daydreaming è subito magia. I Radiohead sul palco sono al limite della perfezione e riescono a dimostrare di essere molto più tecnici di quello che traspare dai loro dischi, la loro musica sembra un perfetto connubio tra scienza e filosofia e in pochi secondi siamo tutti trasportati in quel mondo metafisico. Il concerto sembra una vera celebrazione a quel disco che uscì esattamente 20 anni fa (Ok Computer), infatti tutto ruota su quei brani che fanno ormai parte dei ricordi di chi, come me, consumava il cd nei viaggi verso il liceo; ovviamente senza tralasciare hit degli altri dischi, splendido contorno della serata.
Ora è difficile spiegare come i Radiohead siano riusciti a piegare lo spaziotempo suonando due ore in quello che a tutti noi sono sembrati 5 minuti. Ma davanti a pezzi come AirBag, Myxomatosis e All I Need è facile perdersi per poi finire in estasi con Everything In Its Right Place, riarrangiata per essere una vera esplosione musicale e, giustamente, per mantenere le nostri menti in quel mondo onirico tipico della loro musica e del film Vanilla Sky. Ma i Radiohead sono furbi, tanto furbi da riservare al pubblico un finale con i fiocchi: tutte di fila partono Idioteque, The Numbers, Exit Music (For a Film) e Paranoid Android, e anche qui non credo sia necessario spiegarvi la reazione del pubblico quando sono state suonate le prime note fino al raggiungimento del riff principale.

E l'encore? Qui più di encore bisogna parlare del vero secondo concerto, Thom Yorke infatti ci regala ben 7 brani uno più nostalgico dell'altro: No Surprise, Nude, 2 + 2 = 5, Bodysnatchers e Fake Plastic Tree seguito da una piccola pausa per riprendere con Lotus Flower e il finale che ogni adolescente sogna, ovvero Creep e Karma Police quest'ultima ripresa in acustico e lasciata spegnere lentamente come una candela, con le voci del pubblico che ormai portati all'estasi musicale non mollano il colpo su "For a minute there, I lost my self... For a minute there, I lost my self... For a minute there, I lost my self... For a minute there, I lost my self"

Se fino ad ora siete stati d'accordo con me, e non volete leggere critiche, vi consiglio di non andare oltre; perché per quanto magico e unico, dal mio punto di vista ci sono state non pochi difetti. I Radiohead infatti hanno confezionato un concerto memorabile, ma più che un vero concerto a me è sembrato una specie di "The Best Of", difatti la scaletta non ha mai regalato un momento di vera novità; il concerto si è sviluppato per accontentare e appagare fin troppo il pubblico neofita dei Radiohead, che potevano riconoscere ogni singola canzone. La stessa performance, che da un lato ci ha davvero stupiti mostrandoci le vere capacità vocali di Yorke, perde di quella fascinazione triste e malinconica tipica del loro carattere; quei suoni struggenti e quella voce che crolla a volte in sentimenti tanto tristi al limite del patetico (aggettivo che uso in maniera positiva, siccome credo che in pochi riescono a comunicare quella sensazione) si trasforma in continue esplosioni rock, capitanate da un cantato tanto bello e pulito, tanto terribilmente Pop. Le pause al buio ad ogni canzone, l'esaltazione davvero esagerata e sproporzionata di Jonny Greenwood, che sembra la macchietta di Pete Townshend ai tempi d'oro di Woodstock. Tutte piccole cose che, messe insieme, hanno rovinato quel dipinto perfetto che poteva essere questo live.

Ma alla fine noi ricorderemo sempre quella fiammella che si è andata a spegnere lentamente:

"For a minute there, I lost my self... For a minute there, I lost my self... For a minute there, I lost my self... For a minute there, I lost my self"

 

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