Sorseggio il mio whisky mentre a larghe boccate respiro le riflessioni sulla vita che consumo sarcastico; intorno al mio tavolino, la piazza prosegue le sue faccende senza troppo badare alle mie menate. D’altronde, perché dovrebbe? Non sto facendo niente di illegale, come non so, fumarmi una canna.
La bella giornata di sole, in questo tardo pomeriggio di febbraio, allieta le membra mentre armato di pc, imposto il mio articolo di “chupiti d’annata” di domani, ma per quanto mi sforzi, inutile non pensare al dramma del ragazzo di Lavagna, buttatosi dal terzo piano perché in possesso di 10g di hashish. Una situazione grottesca che purtroppo è finita in tragedia. Capita spesso e chissà quante altre volte capiterà. Eppure ogni volta il senso d’angoscia mi pervade, non tanto per la dinamica, ma quanto per questo assurdo senso del giudizio che ancora punta il dito contro noi poveri inermi disadattati. Per una serie di coincidenze e casi fortuiti ho raggiunto l’età adulta (io che da ragazzo volevo morire prima dei trentanni), con il motto “non mi prenderanno mai” che mi ha salvato dalla galera. In realtà però, se proprio devo essere sincero, sono “salvo” (secondo il vostro concetto di persona per bene, di vivo e in buona salute) grazie ai miei genitori, che con grande sforzo mi hanno accompagnato nelle mie scelte “bizzarre”, con la mia logica “bizzarra” senza dare giudizi, ma con una profonda volontà di capire realmente cosa cazzo volessi fare, dire o pensare. Il vuoto si combatte con i vizi, la scelta volontaria di emarginarsi deve porvi delle domande, non delle sentenze di accusa per poter redigere una pena confacente all’errore del coglione di turno. Per carità, senza entrare troppo in teoremi filosofici, forse è giusto incanalare la vita delle persone su basi pratiche e ideologiche, accompagnarli nel loro percorso formativo fin dalla tenera età, per non trovarsi spiazzati e sapere già di che morte morire senza troppe preoccupazioni auree. Capita però che esistano delle persone più sensibili, con un’intelligenza spiccata che faticano a stare dentro la propria casella, le cui domande non trovano risposta in questo mondo di cartone, dove quelle stesse domande risultano incomprensibili alle persone vicine; e siccome viviamo in una società molto selettiva, con al centro il finto uomo, chi non è competitivo, chi cerca altro, è fottutamente solo. Sono solo, siamo soli. Ma tanto si sa, bisogna abituarsi, quando si muore si muore soli. Che poi, tutta questa selezione neanche portasse ad uno stile di vita migliore, anzi, senza contare poi il lavoro inesistente e le trafile ingegnose per campare in età adulta. Certo, esistono le persone di successo, ma vogliamo veramente soffermarci anche su questo? Inutile girarci intorno, se non hai mezzi propri, suca! Ma poi, chi se ne frega. Il punto centrale è proprio questo. Chi se ne frega di salire sulla giostra di voi depravati, schizofrenici, avvoltoi, traffichini da quattro soldi. Noi vogliamo altro, sogniamo la vita che voi ci togliete minuto dopo minuto, con i vostri obiettivi del cazzo, il lavoro, la casa, la macchina, le vacanze, l’aperitivo, i soldi da spendere e i cazzi e le fighe del sabato sera. Ma io sono adulto e a fatica riesco a convivere con voi e il malessere costante che spinge, spinge, fino a diventare un attacco di panico nel pieno della notte o di un luogo affollato; da ragazzo convivere con tutto questo era molto più difficile, nella periferia della periferia di una provincia collassata di una Lombardia in declino (sotto tutti i punti di vista). Quello che non si può catalogare va giudicato come sbagliato, se sei una persona allora devi essere condannato e punito, per il tuo bene. Alla faccia, grazie. E in fin dei conti è successo proprio questo a quel povero ragazzo di Lavagna, che potrei essere io ventanni fa. Ho visto il discorso della madre, ho letto l’intervista del Generale della Finanza, ho letto le varie opinioni contrastanti sul caso, dei "colpevolisti" e degli "innocentisti", e mi sembra ancora una volta palese che siamo nelle mani della stupidità che genera ignoranza. Il mondo che voi maggioranza ci costringete a vivere è tossico, dal lavoro, al cibo, alla cultura di massa, strettamente legati in un cappio che soffoca le nostre menti mortificando i nostri sogni e la nostra vita. Purtroppo, anche le vie cosiddette antagoniste o alternative sono spesso peggiori della facciata imposta, in una continua lotta (impari bisogna ammetterlo) di accuse e azioni punitive. Possibile che nessuno si ponga delle domande? Possibile che esistano solo delle risposte certe? Come fate ad essere così certi di cosa sia giusto e cosa invece sia sbagliato? Cosa deve essere legale e cosa illegale? Nel caso specifico l’aggravante del fumo è evidente nell’accusa che la madre rivolge al figlio scomparso e a tutti i ragazzi presenti al funerale, in quello che secondo la sua ingenua visione (in assoluta buona fede) vuole essere un inno alla vita ed alla gioia di vivere. Ed è proprio questo che mi fa paura, la mancanza di senso critico, il dito puntato verso chi ha sbagliato, l’arroganza ignorante di giudicare (ripeto, in assoluta buona fede) e chiedere il dialogo dall’alto di chi sa di essere dalla parte giusta. Agghiacciante. Non è mai troppo tardi per farci delle domande, ma sicuramente è tempo di smetterla di fornirci delle semplicistiche risposte.
