Il conte di Montecristo è uno dei romanzi più famosi dell'autore francese Alexandre Dumas. Il romanzo venne completato nel 1844 e venne pubblicato nei due anni successivi come serie in diciotto parti. Il romanzo si inscrive nel genere del feuilleton e ne condivide tutte le caratteristiche peculiari: un intreccio complesso, personaggi fortemente caratterizzati nel bene e nel male e il trionfo finale dei buoni sentimenti. Ha molte caratteristiche del romanzo storico: le vicende narrate infatti ci forniscono uno spaccato estremamente dettagliato della vita che si conduceva tra Italia e Francia tra il 1815 e il 1838, dalla fine del regno di Napoleone I al regno di Luigi Filippo.
LA TRAMA, I PERSONAGGI E ALCUNE CARATTERISTICHE
Il protagonista de Il conte di Montecristo è Edmond Dantès, un giovane marinaio in procinto di diventare capitano del vascello Pharaon e di sposarsi con la bellissima catalana Mercédès. Edmond è un ragazzo di indole buona e gentile, al limite dell'ingenuità. All'inizio del romanzo ha poco più di vent'anni e, come la maggior parte dei ventenni a cui sorride la fortuna, è esuberante ed impetuoso. Due sono le cose che ama alla follia: la sua futura moglie e il suo vecchio padre. Questo idillio iniziale però non può durare: ci sono infatti quattro personaggi che tramano alle sue spalle.
Lo scrivano del vascello Pharaon, il signor Danglars, è molto geloso di Edmond poiché la carica di capitano è stata promessa a quest'ultimo invece che a lui. Danglars è un uomo meschino, intelligente ed estremamente razionale. Non vuole sporcarsi le mani e per questo muoverà i fili del complotto ai danni di Edmond in modo che la colpa non possa ricadere su di lui.
Fernand Mondego invece è perdutamente innamorato di Mercédès e non sa come impedire il matrimonio tra la catalana ed Edmond. Fernand è un ragazzo irascibile e violento. È disposto ad uccidere Edmond a pugnalate pur di non fargli sposare la sua amata. Tuttavia sarà proprio Danglars a proporgli una soluzione più sicura che tornerà utile ad entrambi.
Gaspard Caderousse è il vicino di casa di Edmond e di suo padre. Egli aveva prestato dei soldi alla famiglia Dantès che aveva provveduto a restituirglieli non appena era stato possibile. A Caderousse dà molto fastidio veder tornare Edmond arricchito dal viaggio sul Pharaon e soprattutto è invidioso nel veder proseguire l'ascesa del ragazzo verso la posizione ancora più prestigiosa e remunerativa di capitano di vascello. Tuttavia Caderousse è un personaggio vigliacco e pavido che non oserebbe sfidare Edmond. È meschino, omertoso e profittatore: per queste caratteristiche si configura come un'ottima pedina nelle mani di Danglars.

Il castello d'If, dove Edmond viene incarcerato
I tre quindi ordiranno un complotto ai danni di Edmond che verrà incarcerato senza possibilità di appello. Questa è la parte del romanzo in cui i dettagli storici hanno un ruolo cruciale. Edmond viene infatti accusato di bonapartismo in un momento storico in cui sostenere Napoleone era considerato un gravissimo reato. Questa vicenda ricalca in parte la biografia del padre di Alexandre Dumas: non approvando la politica imperialistica di Napoleone, glielo disse apertamente e fu di conseguenza imprigionato per insubordinazione. In seguito fu liberato, ma, catturato dal re di Napoli Ferdinando I, fu imprigionato, e scarcerato per le cattive condizioni di salute dopo ben due anni. Erano quindi temi e situazioni che Dumas conosceva bene.
L'unica persona che potrebbe salvare Edmond è Gérard de Villefort, il sostituto procuratore del re. Tuttavia anch'egli, intravedendo i benefici che gli derivano dall'incarcerazione del giovane, non farà nulla per salvarlo e anzi contribuirà in maniera decisiva alla sua condanna.

Il castello d'If ai giorni nostri
Questo è l'antefatto, narrato nei primissimi capitoli del libro. Da lì in poi inizierà il vero svolgimento della trama. Edmond infatti, spinto dalla sete di vendetta, imbastirà un piano lungo più di mille pagine per farla pagare a chi gli ha sottratto ciò a cui teneva di più al mondo.
Per questo indosserà i panni di diversi personaggi tra cui Simbad il marinaio, Lord Wilmore, l'abate Busoni e, per l'appunto, il conte di Montecristo. Ognuno avrà il suo proprio carattere, il suo travestimento, le sue caratteristiche peculiari e un ruolo ben preciso nella rete di intrighi che Edmond tesserà intorno ai suoi avversari.
Oltre ai personaggi appena citati ne Il conte di Montecristo ce ne sono almeno un'altra ventina, tra amici e nemici, che si rivelano man mano cruciali per lo svolgimento della trama. Il gran numero di personaggi unito agli intrighi che vengono costruiti e che si protraggono per centinaia e centinaia di pagine, rendono questo libro estremamente complesso. Alcuni personaggi ci vengono presentati e poi spariscono per diversi capitoli, altri ricompaiono sotto mentite spoglie, le conseguenze di alcune azioni si scoprono a centinaia di pagine di distanza e così via. Ogni dettaglio è funzionale alla trama e per questo durante la lettura la concentrazione deve essere costante.
STILE E RITMO
Lo stile di Dumas è estremamente dettagliato e barocco. Oltre alle descrizioni degli oggetti, l'autore ci descrive in maniera magistrale gli usi e i costumi della parte più ricca ma non solo della popolazione. Ci viene raccontato come si dilettavano, cosa mangiavano, come passavano il tempo, come erano soliti viaggiare e molto altro. Questo contribuisce a coinvolgere il lettore nonostante a volte possa risultare noioso e ridondante. Questa impostazione ha dei risvolti importanti anche sul ritmo. I primi capitoli del romanzo sono molto avvincenti e la prosa di Dumas risulta estremamente scorrevole. Successivamente la storia si sposterà a Roma e questi risultano capitoli largamente descrittivi in cui manca l'azione e possono facilmente annoiare. Superati questi il ritmo si riprende rimanendo pur sempre un po' altalenante. I dettagli che l'autore ha bisogno di raccontare per rendere più eclatanti i colpi di scena e gli svelamenti degli intrighi sono moltissimi e, per creare queste premesse, si prende tutto il tempo di cui ha bisogno. Se quindi il ritmo in queste parti è molto lento è solo perché, una volta che gli intrighi inizieranno a dipanarsi, il ritmo aumenterà decisamente e l'adrenalina non mancherà. Nel complesso comunque si può dire che la prosa è molto scorrevole e il ritmo è buono, fatto salvo per alcuni capitoli centrali.

L'isola di Montecristo oggi
TEMATICHE
I principali temi trattati riguardano la giustizia, la vendetta, il perdono e la misericordia.
Partiamo con l'analizzare la giustizia. Edmond si raffronta con una giustizia corrotta, che non aiuta chi ha subito un sopruso, ma chi lo ha perpetrato. La giustizia non è al servizio del debole, ma è uno strumento che i ricchi utilizzano per il loro tornaconto. È molto interessante però notare che a questo primo tipo di giustizia che chiamerei terrena, si affianca la giustizia divina. Questa seconda tipologia di giustizia ovviamente è perfetta e superiore a quella terrena, ed è strettamente collegata al concetto di provvidenza divina. Questa, se si ha pazienza, ricompensa i buoni e punisce i malvagi. Edmond, durante tutta la lunghezza del romanzo, evolve e cambia radicalmente il suo modo di essere almeno due volte. Come abbiamo già visto all'inizio del romanzo è un giovanotto gentile ed entusiasta e, si dice, abbia fede in Dio. Gli anni di carcere tuttavia lo cambieranno drasticamente sia fisicamente che emotivamente. Dumas si sofferma molto nel descriverci come cambia il viso e soprattutto lo sguardo del ragazzo in seguito alla prigionia. Il conte di Montecristo si configura quindi come un personaggio distinto da Edmond: di quest'ultimo non rimane quasi nulla. L'autore scrive che dopo un anno di prigionia era già un altro uomo e che
il cuore gli si stava pietrificando in petto.
Oltre a questo assistiamo ad un altro cambiamento fondamentale: Edmond perde la fede e conseguentemente la fiducia nella provvidenza divina e si sostituisce ad essa. Questo è ciò che lo trasforma nel conte di Montecristo. Da questo momento in poi, nei panni del conte, è costantemente paragonato ad un emissario di Dio, uno strumento della provvidenza con il compito di soverchiare la giustizia terrena e imporre quella divina.
Paradossalmente, come abbiamo accennato, a questa trasformazione corrisponde un inaridimento morale di Edmond. Questi smette di provare sentimenti umani ed è mosso dalla sola sete di vendetta. È interessante vedere come ci sia una sorta di ribaltamento rispetto ai grandi romanzi distopici, come per esempio 1984 di Orwell o Il signore delle mosche di Golding, in cui si assiste ad un processo di degrado morale simile. Mentre in questi l'obiettivo è rimanere umani preservando i sentimenti, ne Il conte di Montecristo la pietrificazione del cuore di Edmond corrisponde alla sua ascesa a strumento di Dio per punire i malvagi e fare giustizia.
Un altro tema fondamentale è quello del dolore. Il dolore e la sofferenza giocano un ruolo fondamentale nella vicenda. Sono le molle per le trasformazioni di Edmond, per la sua evoluzione che culmina con una grande massima:
Non v'è né felicità né infelicità a questo mondo, v'è la comparazione tra una condizione e l'altra, nulla più. Solo colui che ha conosciuto l'estrema sventura è in grado di provare l'estrema felicità. Bisogna aver desiderato morire per sapere quanto sia bello vivere.
Il dolore quindi si rivela necessario e purificatore ed è la chiave per l'ascesi e per ottenere la vera felicità terrena che nasce appunto dal paragone col tormento passato.
----SPOILER ALERT----Se non volete sapere come evolve Edmond negli ultimi capitoli saltate alle conclusioni!
È proprio nelle ultimissime pagine che assistiamo alla seconda ed ultima trasformazione di Edmond. Di fronte a colui che più di tutti meritava una punizione, il barone Danglars, Edmond prova misericordia. Nonostante gli abbia già inflitto una severa punizione deciderà infine di graziarlo ed accettare il suo pentimento. Dunque proprio in queste ultime pagine il non più così giovane Dantès conosce il perdono e lo concede al suo acerrimo avversario. Contemporaneamente si ha un ulteriore ribaltamento: Edmond realizza infatti che il sostituirsi a Dio è un atto diabolico e si pente della sua condotta, rimettendo alla provvidenza il compito di premiare i fedeli e punire i malvagi. Al suo migliore amico dirà infatti:
Dite all'angelo che veglierà sulla vostra vita di pregare qualche volta per un uomo che alla stregua di Satana si è creduto per un istante l'eguale di Dio, e che con tutta l'umiltà di un cristiano ha riconosciuto che solo nelle mani di Dio giacciono la suprema potenza e la saggezza infinita. Tali preghiere mitigheranno forse il rimorso che egli porta con sé in fondo il cuore.
Edmond ha dunque subito l'ultima e definitiva trasformazione: è pentito del suo operato, prova addirittura rimorso e sembra aver ritrovato la fede. Il suo cuore tornerà quindi a pulsare dopo esser stato per più di mille pagine un blocco di pietra ed egli stesso si affiderà completamente nelle mani di Dio: l'intera saggezza umana, secondo il nuovo Dantès, risiede nel saper attendere e sperare.
CONCLUSIONI
Il conte di Montecristo è un romanzo magistrale. Dumas riesce ad elaborare un intrigo che si sviluppa e si evolve attraverso più di mille pagine senza lasciare nulla al caso. Nonostante il ritmo non sia costante, il romanzo nel complesso è molto avvincente e la lettura scorre facilmente nonostante lo stile ricchissimo di particolari. L'autore ci immerge completamente nella vita della prima metà dell'Ottocento con dovizia di dettagli. La componente storica è molto presente: una volta terminato il romanzo, il lettore avrà perfettamente presenti tutti gli usi e i costumi dell'epoca proprio come se vi avesse vissuto in prima persona. Inoltre le tematiche di cui ho parlato sopra sono affrontate in maniera esemplare. In una sola parola: un capolavoro.
VENI VIDI LIBRI

Veni, vidi, Nici, e poi tinculano la bici.