Indro Montanelli, quando la ribellione sta a destra

Che sogno stupido, folle e inquietante ho fatto stanotte! Se ci penso, ancora mi disturba, ed era da tanto che non mi svegliavo in preda al panico. Praticamente ero a prenotare il pranzo da un lampredottaro, con qualcuno (circa tre o quattro persone) che poi improvvisamente non c'era più, quindi mi sono trovato a pagare una ventina di euro di roba da mangiare; presi uno dei panini mettendomi in attesa da una parte. Ero in cerca di una panchina vuota per mettere tutto quello che non avrei mangiato; un bel sole e un'atmosfera primaverile, in mezzo alla gente che mangiava in un cortile esterno di un bar, luogo perfetto e panchina distante da qualsiasi albero (ho sempre il terrore di qualche uccello che mi caghi in testa). Mentre masticavo mi guardavo intorno, finché scorsi un uomo che in un tavolo di fronte mangiava affettato, tagliandolo direttamente da se stesso: il braccio e la gamba sinistra erano fatti di insaccato e lui si era fatto un bel piatto. Aveva un'aria sinistra, con lo sguardo vitreo, capelli semilunghi e sporchi, insomma l'insieme risultava viscido. Mentre si apprestava a prendere una bevuta al banco,  notò la mia aria vagamente turbata e ovviamente ne approfittò. Con forza aliena mi zompò addosso, afferrandomi per il collo; sdraiato e privo di forze, completamente in sua balìa e dei suoi urli in quell'espressione folle: "Ti trasformo in un bell'insaccato. Buono diventerai buono. Il mio maiale, questo diventerai". Pervaso dal terrore, solo la mano della sconosciuta nel letto mi ha potuto salvare da quell'incubo maledetto. Una spiacevole sensazione pervade il mio risveglio; non so dove sono, non so chi è sta tizia che mi parla, mi fa male la testa e anche la schiena ed ho mal di pancia. Sono pronto per la consueta tripletta (caffè-sigaretta-cagata), e mentre gusto il fascino del vizio, mi ricordo che un grande del 900 aveva il mio stesso disturbo nel sonno; quel tale era Indro Montanelli.

Nasce a Fucecchio il 22 aprile del 1909 da una famiglia borghese e mediamente altolocata, e la storia del suo nome meriterebbe un mini capitolo a parte. Trascorsa l'infanzia e superata la leva militare, si laurea due volte a Firenze, prima in giurisprudenza, poi in scienze politiche e sociali. In questi anni è un fascista fervente, partecipa alla marcia su Roma e, dopo le collaborazioni con la francese Paris Soir e l'americana United Press (con la quale intervista Henry Ford), parte volontario per la conquista coloniale in Abissinia. Sono gli anni trenta di un inizio secolo spaccato dalle grandi ideologie, l'Italia comincia un cammino volto alla ricchezza ed all'espansione di un ideale nazionalista e di libertà, con tutte le sfumature ideologiche del caso. Proprio per questi motivi, la campagna imperialista per molti giovani  rappresenta un'avventura ai limiti della realtà, come dimostrano le sue parole:

Sono in Africa anche per ragioni letterarie; non a cercare colore, ma a cercarvi una coscienza di uomo, necessaria a tutti, ma specialmente a un'artista

Sin dall'inizio il fascismo è accolto con benevolenza da una larga parte di monarchici ma anche con grandi entusiasmi da una larga parte di intellettuali borghesi, pertanto la sua adesione non è tanto clamorosa. Durante la campagna militare, durata circa un anno e mezzo, comincia a rendersi conto del castello di carta costruito intorno ad un'ideologia, e vedendo il grande affanno con cui i gerarchi aspirano a posizioni di potere, sorgono in lui i primi dubbi. Tornato in Italia comincia la collaborazione con Il Messaggero, che lo catapulta nel compimento della sua disillusione, ossia la guerra civile spagnola da lui così descritta:

Una lunga passeggiata e un solo nemico: il caldo. Un caldo a picco, insistente, brutale. Un avanzata tirata avanti, invece che a furia di fuoco, a furia di acqua.

I suoi articoli senza ammiccamenti di regime non piacciono a Roma, pertanto viene arrestato e, dopo varie peripezie da thriller (come spesso capita in quegli anni), se la cava con un'espulsione dall'albo dei giornalisti. Inutile dire che crolla definitivamente la sua adesione, anche ideologica, al fascismo "prima che puzzasse di morto". Sembrerà banale, ma in un contesto storico del genere, dove l'ideologia è la spinta lavorativa e sociale, dove la massa appoggia il potere, un netto distacco dalla propaganda non è proprio una passeggiata di salute, considerando anche la disillusione di un uomo che inizialmente ci aveva creduto e che rimane un anti comunista convinto.

Comincia la collaborazione con Il Corriere della Sera, che durerà con brevi e traumatiche separazioni, tutta la vita; dallo scoppio fino alla fine della guerra mondiale, è inviato di guerra. Durante gli anni della guerra aderisce al movimento antifascista Giustizia e Libertà, ma viene scoperto e imprigionato; data la fitta rete di conoscenze, riesce a scampare per miracolo due fucilazioni, portando a casa la pellaccia al termine del grande conflitto.

La sua figura, così libera intellettualmente e senza ammiccamenti di sorta, rimane scomoda sia per la parte a lui più consona, cioè quella della destra borghese, sia a quella a lui antagonista, i comunisti. Questo conflitto trova la massima esplosione nel 1956 (in piena Guerra Fredda), quando l'Unione Sovietica attacca l'Ungheria e lui è inviato per il Corriere a Budapest, accompagnato dalla solida libertà di giudizio. Il suo auspicio, e di tutta la classe borghese, era quello di un conflitto anti comunista, dove la lotta del popolo fosse tesa ad una ribellione filo americana; l'auspicio era un pò uguale a quello della stampa comunista, che spingeva su una lotta guidata dagli americani e quindi da reprimere. Il caro Indro, contro i propri pregiudizi iniziali, racconta i fatti e la verità, cioè che  la rivolta è in realtà in nome del comunismo, anti sovietica, dove c'è una solidarietà di classe tra operai e studenti. L'amore della verità e del giornalismo vincono un'altra volta (anche sui propri ideali), tanto che litiga con i suoi amici storici Longanesi e Guareschi, ma quello vide e quello scrisse, rendendolo scomodo da entrambi gli schieramenti.

Il Corriere è il primo giornale italiano, un istituzione, un vero e proprio punto d'arrivo professionale e guida per molti lettori. Diventa la sua seconda casa fino ai primi anni 70, quando il giornale cambia proprietà e direttore, facendo una sterzata a sinistra mal digerita dal nostro amico, che viene licenziato dopo una carriera pluri trentennale al Corriere. Inutile dire che si sente spaesato, un senza dimora e senza patria, lui che non vede di buon occhio l'involgarimento del Corriere che ammicca alle lotte sessantottine, corrivo con i tempi che corrono.  Così decide di fondare un proprio giornale, Il Giornale, per dare voce a quella maggioranza silenziosa, la destra per bene, tradita dal Corriere; il linguaggio fresco e senza fronzoli, permette al neonato Giornale di acquisire lettori anche nella parte meno acculturata della società, tanto da essere definito "Il giornale delle portinaie". Giornalisticamente e culturalmente parlando, il nostro Montanelli è un reietto, ma riesce ad abbracciare parte della cultura italiana ed europea (come dimostrano le penne del giornale) tanto che il suo quotidiano viene letto di nascosto perché ritenuto scadente e fascista. I continui attacchi verbali, sfociano nella violenza il 2 giugno del 1977, quando in piazza Cavour a Milano viene gambizzato da due esponenti delle BR. A proposito del nuovo stile intrapreso dal Corriere della Sera, la notizia viene data censurando il nome e il nostro Indro è "un giornalista". Anni dopo li perdonerà, affascinato dal loro silenzio verso i mandanti, che in lui scatena un profondo senso di rispetto

Non ho provato nessun odio e nessun rancore per i due che mi hanno gambizzato perché ho capito che erano dei poveri ragazzi mandati lì da qualcuno a fare un brutto mestiere e la cosa che poi a un certo momento mi incusse un certo rispetto è quando dopo li conobbi, perché alla fine finirono all'ergastolo, e gli chiesi: " Adesso son passati tanti anni, ditemi, chi vi mandò" E i due risposero con molta dignità: "Non ci mandò nessuno, ci venimmo noi". "Questo mi piace molto che vi prendete le vostre responsabilità". E gli strinsi la mano.

Il Giornale versa in continue difficoltà economiche, risolte negli anni con diversi investitori, fino all'arrivo di Silvio Berlusconi, che inizialmente non interviene nelle faccende giornalistiche, finché non decide di scendere in campo. Questa è storia recente e tanti aneddoti si sprecano, comunque sorvolo su questi spiacevoli anni, perché dopo una breve parentesi in cui fonda un'altro giornale, La Voce, torna al tanto amato Corriere della Sera dove cura la rubrica  "La stanza di Montanelli".

Muore il 22 luglio del 2001 il più grande giornalista italiano, che ha cavalcato il 900 da assoluto protagonista, riuscendo a farsi molti nemici fino alla fine della sua carriera, che coincide poi con la propria vita. Persona di grande spessore, lascio alle sue stesse parole il finale di questo chupito d'annata.

Le ideologie non hanno nessun valore per me. Per me hanno valore i principi; ci sono dei principi fondamentali dai quali non si può derogare, quanto alle ideologie io mi tengo le mani libere , sono pronto a cambiarle se mi accorgo che non coincidono con quello che io pensavo che fossero, oppure perché non si adattano più ad una certa realtà che è mutata.

 

[Attenzione: La voce narrante di chupiti d'annata è un personaggio fittizio, così come tutti gli altri personaggi che interagiscono nel breve intreccio della rubrica, tutti liberamente tratti da film cult. Gli episodi sono frutto della mia fantasia, senza alcun legame con la realtà, pertanto rilassatevi e godete di questo chupito. Se è la prima volta che vi imbattete in questa rubrica e vi appassiona la parte romanzata, vi invitiamo a seguirla dal suo primo capitolo che potete trovare qui]

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