L'Anfora magica di mr. Buck

Mi rendo conto che attraverso il nostro appuntamento online, emerge ultimamente solo il mio lato polemico circa la difficile matassa del vivere sereni. Concordo anche su quanti mi hanno scritto che raccontare qualche aneddoto carino (come succedeva fino a qualche mese fa), aiuterebbe anche me a strapparmi un sorriso, come una sorta di auto terapia. Ci ho pensato in effetti, ma da poco sto tornando a godermi l'aria spensierata lontano dai mostri che io stesso, forse, ho contribuito a creare, pertanto anche oggi niente aneddoti strampalati. Verrà il momento, tranquilli. Essendo in una fase riflessiva, da un paio di giorni sono focalizzato su me stesso e sulle influenze ho avuto sulla mia formazione, e devo dire che il quadro generale mi conforta ogni più rosea aspettativa, soprattutto considerando la mia base di partenza. Quando ero ragazzo, pieno di energie e rabbioso, cercavo la mia strada spinto solo dal mio istinto e dalle mie convinzioni spesso fuorvianti; ad esempio, ero convinto che se fossi nato negli anni 60, in pieno boom economico, sarei diventato un uomo di successo, date le mie spiccate doti di fantasia. Che cazzata enorme. Sbagliavo. Sbagliavo, perché non consideravo il fatto che quello che esiste oggi, quello che è stato creato, prima non esisteva e ci sono volute quindi delle grandi personalità, in alcuni casi anche dei geni, per poter concepire quello a noi pare scontato e a cui non diamo ormai nessuna importanza. Spesso semplici intuizioni hanno cambiato completamente il nostro modo di concepire un comportamento sociale, oppure stravolto in meglio la quotidianetà nei più piccoli gesti; basti pensare alla penna a sfera, alle lenti graduate, all'invenzione della moka, al mouse, ecc. Certo, in alcuni casi sono accessori che ben si sposano con la fluidità dei tempi percorsi, una sorta di ghigliottina che rende più semplice la frenesia della nostra vita, facilitando il nostro lavoro o svago, rendendoci di fatto più vulnerabili all'azzeramento cerebrale. Credo d'altra parte che la causa non risieda tanto nel prodotto in sé, ma da quanto siamo pigri intellettualmente; approdiamo così alla banalità che non è tanto l'oggetto a rappresentare il problema, quanto l'uso che ne facciamo in relazione a noi stessi, o alla relazione che abbiamo con l'oggetto stesso. Per una volta però, anche per dovere di "gratitudine" verso il nostro caro mondo occidentale, voglio percorrere la strada dell'opportunità, di come in realtà è anche l'approccio alla vita a rendere le persone di successo quello che sono, creando i presupposti per il loro benessere senza per forza essere degli arrivisti incalliti senza scrupoli (in partenza quantomeno). E qui ritorno all'inizio, cioè alla cazzata che pensavo da giovane. Se ci pensiamo bene, oggi ognuno di noi, se in grado di gestire il proprio talento, ha quasi tutte le armi dalla propria parte e con un po' di perseveranza si hanno possibilità maggiori rispetto al passato. Ma certamente è comunque molto difficile e chissà quanti in questo momento (io per primo), stanno maledicendo queste parole. Ma il genio risiede proprio in questo, nel creare, saper proporre un'idea, un'intuizione o un oggetto, come nel caso di Leslie Buck.

Il caro Leslie, in realtà nasce Laszlo Büch il 20 sttembre del 1922 a Khust, in Ceccoslovacchia (ora Ucraina), da una famiglia ebrea. Inutile dire che la sua formazione si interrompe bruscamente con l'avvento del nazismo, dove viene catturato insieme alla sua famiglia e spedito ad Auschwitz, in uno di quei tanti treni della morte. Viene immediatamente separato dai suoi genitori, che purtroppo non rivedrà mai più. Dopo qualche anno, viene trasferito in un altro campo degli orrori, a Buchenwald , atroce scenario di nefandezze (di cui ho parlato qui). Dopo otto anni (otto!) di prigionia, viene liberato dagli americani, dopo che i nazisti si erano già dati alla fuga, e solo, malato e senza prospettiva, lascia l'inferno per rincorrere il sogno americano. Sbarca a New York, nella celebre Ellis Island, dove vengono registrati e smistati tutti i poveracci che sbarcano dall'Europa; come spesso accade in quegli anni, il suo nome e cognome vengono trascritti in modo superficiale, quindi viene americanizzato subito in Leslie Buck, che è poi il modo in cui lo conosciamo tutti. 

Negli anni 50 fonda insieme al fratello una ditta di import-export, che si trasforma in una ditta di bicchieri di cartone, con sede a Mount Vernon; la vera svolta però avviene negli anni 60, quando comincia a lavorare  alla Sherri Cup come direttore vendite. A dire il vero esistono due storie parallele circa l'invenzione cult. La prima narra che Buck, prima di entrare alla Sherry Company, avesse chiuso un importante giro d'affari per la vendita dei suoi bicchieri quando era in proprio; una volta approdato alla Sherry, che intendeva entrare nel mercato delle caffetterie, delle mense e dei drugstore (in maggioranza di proprietà di greci), come omaggio ai suoi primi e determinanti clienti, creò la famosa decorazione, cui inizialmente diede il nome di Anfora, ma per un errore di trascrizione, venne nominato Anthora.

L'altra storia narra semplicemente che lo inventò a tavolino per la Sherry Company, senza alludere minimamente agli affari conclusi anni prima. Quale sia la verità poco importa, dato che in breve tempo quel bicchiere di cartone, dai disegni classici e dal marketing semplice, diventa indispensabile per ogni neyorkese prima, e americano poi, unendo manager e segretarie, studenti e professori, accattoni e cittadini normali, tutti con l'immancabile bicchiere da gustare durante la giornata; chi sulla scrivania, chi passeggiando durante il rigido inverno usandolo come scaldamani, chi leggendo seduto in una caffetteria. Presente in decine di film, imitato ormai da ogni marchio di fast food e non solo, il caro Buck ha inventato un'icona, un modo di vivere, come ricordò il New Times il giorno della sua morte: “Ci ha lasciati il creatore di uno dei pezzi più durevoli dell’effimera vita sociale della Grande Mela. Non un semplice oggetto usa e getta, ma una vera e propria icona della cultura pop, finita nei musei e tra i più diffusi gadget turistici. Buck con la sua invenzione ha inaugurato l'era del caffè portato a spasso in città”.

[Attenzione: La voce narrante di chupiti d'annata è un personaggio fittizio, così come tutti gli altri personaggi che interagiscono nel breve intreccio della rubrica, tutti liberamente tratti da film cult. Gli episodi sono frutto della mia fantasia, senza alcun legame con la realtà, pertanto rilassatevi e godete di questo chupito. Se è la prima volta che vi imbattete in questa rubrica e vi appassiona la parte romanzata, vi invitiamo a seguirla dal suo primo capitolo che potete trovare qui]

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