L'inventore del telefono: Antonio Meucci

È ormai risaputo che la storia viene scritta dai vincitori, ma talvolta la perseveranza vince sulla prepotenza, riuscendo a far emergere la verità; sono casi rari, dato che la verità viene spesso sotterrata dalle circostanze di comodo, ma non è il caso del nostro Antonio Meucci.

Nasce nella "culla del Rinascimento" il 13 aprile del 1808 da una normale famiglia, con il padre che è un impiegato del Governo. Viene iscritto all'Accademia di belle arti, dove studia la meccanica, la fisica, la chimica e pone le basi della sua ricerca scientifica. Purtroppo però la famiglia è numerosa e lo stipendio del padre risulta insufficiente a soddisfarne il sostentamento, pertanto il nostro Antonio inizia a lavorare in Borgo San Frediano. Cominciano anni turbolenti per lui, un giovane ribelle che non trova la propria strada e che tra un lavoro e l'altro, entra in contatto con i carbonari, abbracciandone lo spirito, le idee e le iniziative; le disavventure si fanno più frequenti, anche considerando l'antipatia che l'istituzione ha nei confronti di un carbonaro, pertanto la situazione non è molto semplice per il giovane Antonio, che viene spesso incarcerato. Per sua fortuna però, nel frattempo trova un impiego come aiuto attrezzista al teatro della Pergola, divenendo con gli anni uomo di fiducia dell'impresario; in questi anni il teatro italiano è all'apice del suo successo internazionale, e la Pergola è un esempio magnifico della maestria degli artigiani, dell'innovazione tecnica e dell'altissima scuola fiorentina. È un periodo florido per Antonio, che inventa anche un modo di comunicare a distanza evitando le urla, attraverso i tubi acustici che permettono la comunicazione dal palcoscenico alla gatta via di manovra posta a circa venti metri di altezza; nel suo laboratorio, il giovane Meucci sperimenta, studia, impara e lavora alacremente.

La situazione politica però comincia a degenerare, ma l'opportunità per Antonio e la sua giovane e fresca moglie si presenta nel 1835, quando l'impresario cubano Francisco Marty Torrens scrittura 81 persone per formare una troupe italiana, per farla lavorare a l'Avana. Gli anni di cuba sono prosperi per il nostro amico, che inizialmente lavora al teatro, pagato molto bene, servito e riverito come un nobile, tanto che riesce addirittura a diventare ricco e con gli anni diventa un figlio adottivo di quella splendida isola. Ovviamente attrezza un laboratorio, dove studia e inventa diverse soluzioni anche per i problemi dell'amministrazione cittadina, un genio che trasforma i suoi esperimenti in realtà, trovando soluzioni che prima non esistevano, tanto che gli viene dedicata addirittura una serata di gala. Utilizza l'elettricità per curare i reumatismi della moglie e delle persone che ne seguono gli sviluppi; in una di queste sedute, un uomo affetto da reumatismi alla testa, urla durante il trattamento e la sua voce arriva all'orecchio di Antonio attraverso un filo elettrico: era quasi nato il telefono, chiamato in quel momento "telegrafo parlante" e successivamente "telettrofono". Questa scoperta cambiò sicuramente la sua vita, ma non in modo positivo e prospero come si potrebbe immaginare.

Nel 1850 scade il mandato teatrale, pertanto Antonio e consorte si trasferiscono a New York, più precisamente a Staten Island, dove grazie alla ricchezza accumulata a Cuba, apre una fabbrica di candele steariche di sua invenzione che però non riscuote molto successo; viene allora tramutata in una fabbrica di birra, ma causa varie disavventure, anche quest'avventura non avrà successo, indebitando parecchio il nostro amico, fino a renderlo sul lastrico. Proseguono però i suoi esperimenti sul telefono che, una miglioria dopo l'altra, riesce a definire un prodotto funzionante e rivoluzionario. È però ormai molto povero, pertanto non avendo i soldi necessari per depositare il brevetto, registra la semplice idea con un Caveat, la cui durata è di un anno; nel frattempo presenta il suo progetto all'American District Telegraph Co, dove ci lavora un certo Alexander Graham Bell che ne visiona la fattibilità e la funzionalità. Trascorso un anno però il caro Meucci si ritrova con la sua invenzione nelle mani di Bell che brevetta il telefono due ore prima di lui, diventandone il padre a tutti gli effetti. Una beffa atroce per un genio come Antonio, che durante tutta la sua travagliatissima vita (di cui vi ho fatto un solo brevissimo accenno) non ha fatto altro che sperimentare, osservare e dedurre, fino ad arrivare alla soluzione finale. Centinaia di processi sono stati fatti e vinti dai Bell, dato che non esiste una prova certa di un furto e che effettivamente è possibile arrivare ad una medesima conclusione partendo da strade diverse, anche se in questo caso è una coincidenza un pò sospetta; nel 2002 però il Congresso degli Stati Uniti riconosce i meriti scientifici del nostro amico per la scoperta del telefono, rendendogli un po' di giustizia, anche se la storia ci ha ormai consegnato un altro inventore, che difficilmente verrà rimpiazzato a breve nella convinzione comune e nella cultura di massa.

Peccato perché per l'ennesima volta la furbizia di un uomo più attrezzato come Bell, ha vinto sulla vita di un uomo traordinario come Antonio, che ha rivoluzionato il teatro in Italia, la scienza a Cuba e la cultura negli Stati Uniti, dove ha pure ospitato Garibaldi prima che quest'ultimo partisse per la sua campagna militare; eppure è morto solo e povero, nonchè malato dato che è scampato da un incidente mortale in casa sua.

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