ATTENZIONE: L'articolo che segue, col relativo linguaggio, è liberamente ispirato allo stile del regista, ricalcandone espressioni gergali e modi di fare. Mi è quindi d'obbligo precisare che nè i contenuti, nè lo stile vogliono essere offensivi nei confronti di nessuno.
Buongiorno dottore.
Dove mi devo sedere? Ah, sdraiare? Ok. Ok. Qui? Certo; che bella pelle ha il suo lettino. Delicatissima.
Sicuramente. Mi chiamo Quentin. Quentin Ta… Sì, esatto, esatto. Quel Quentin. Lo so.
Come? E’ un mio ammiratore? Non ne dubito. Mi scusi è, ma devo essere sincero, ultimamente sono tutti miei ammiratori. Quindi non mi sorprendo neanche più. Ovunque io vada tutti mi dicono che sono “il migliore” e stronzate varie. Ho finito per crederci. E forse è anche vero. Ma allora datemelo un cazzo di oscar per miglior regia, o miglior film, o che ne so. No? Scusi, mi faccio sempre un po’ trasportare. Ma I miei film sono oggettivamente belli, non crede? Se non ci vede niente di profondo, può comunque passare una bella serata. Non ci si annoia mai con me, dovrà ammetterlo. Ci vede altro dentro? Oh no, la prego. Prendiamola alla leggera ogni tanto… comunque, continuiamo. Non voglio parlare di cinema però.
Perché sono qui? Perché sono qui, mi chiede? Mi prende per il culo? Ma lei l’ha sentito il casino che è uscito con “The Heightful Eight”? Ho lasciato la sceneggiatura a tre attori. A solo tre cazzo di attori, con la promessa che non l’avrebbero divulgata mai. Ovviamente cosa succede? Che uno di quegli stronzi la legge al suo agente. E ora tutti sanno ogni dettaglio. Una merda. Ho pensato di abbandonare, all’inizio. Ma poi no. Lei lo sa quanto io tenga ai plot che costruisco. Gli unici riconoscimenti agli Accademy arrivano sempre per la sceneggiatura… ah già, e anche per quel bastardo di Christoph Waltz. Ma chi gli ha costruito i personaggi in “Bastardi senza gloria” e “Django” è? Bah. Non posso più fidarmi di nessuno.
Ma continuiamo la prego. Basta parlare di cinema.
Se penso di avere turbe o problemi da segnalare? No, non credo. Niente di che. Sì, ok, mi piace il sangue forse. Ma a chi non piace? E non mi guardi con quella faccio da negro del cazzo, che il sangue piace anche a lei. Non fisicamente forse. Magari le fa anche un po’ schifo. Ma mi vorrebbe negare che non la eccita la sofferenza? Ah no? E allora perché diamine fa lo psicologo? Insomma, uno deve pur amare il proprio lavoro. Io non avrei mai fatto il regista se in quella videoteca di Los Angeles non mi fossi appassionato a morte al cinema. Già mi piaceva, certo. Ma dove pensa io abbia iniziato ad amare gli spaghetti western e Sergio Leone? E il Django di Corbucci? Cazzo che film, avrei dovuto per forza avere Franco Nero per la mia versione, anche solo per un cameo. E Bava? Che mi dice di Mario Bava? Non lo conosce? Neanche quel capolavoro che è “La maschera del diavolo”? Neppure questo mi sorprende. Anche quei negri di italiani non lo ricordano. L’hanno dimenticato. Così. Poveri stronzi.
Come? Stiamo divagando, ha ragione, basta col cinema.
Dov’eravamo? Ah, già. Lei ama la sofferenza, esattamente come me. Uno psicologo deve esserne eccitato. Attratto. E’ d’obbligo. Ma non si senta un mostro, la prego. Siamo tutti così. Tutti uguali. Quando guardiamo i telegiornali, i pestaggi su YouTube, quando ci interessiamo di cronaca nera, quando ci si accalca davanti alle proiezioni dei miei film o che altro. Cerchiamo continuamente di vedere dolore. Perché lei dovrebbe essere diverso?
Ripeta scusi ahah. Questa non la capisco. Se conosco "le ragioni implicite che portano la violenza ad essere soggetta a voyeurismo"? Se sia “un’esorcizzazione patogena dell’ansia”? Ma lei come cazzo parla? Ma che ne so. Non lo so. A me interessa solo rappresentarla, la violenza, nel modo più autentico possibile. Poi queste cazzate da psicologo le lascio a lei. Io non ci credo. Appena costruite una frase con due aggettivi o magari un avverbio vi sentite tutti filosofi. Voi critici. Sì, lo so che è uno psicologo.
Senta. Io faccio i film su quel cazzo che mi piace, su ciò che mi esalta. E basta. Se poi lo faccio bene, e magari ci guadagno anche, tanto meglio. Sì, vengono bene i miei film, lo so. Piacciono anche a me. Basta ripeterlo. Non ne posso più di sentire che ho “metaforizzato la modernità come nessuno”, che rappresento la generazione dell’"-issimo”, dell’assenza di sfumature, dei colori più saturi o del grigio più piatto. Che parlo di “un mondo senza mezze misure”. Del contrasto che vengo a creare tra citazionismo e ambientazioni cinematograficamente classiche. Che rappresento il post-modernismo. Che poi. Ma che cazzo è questo post-modernismo di cui parlate tutti?
Mi piacciono i western? Sì. Mi piace l’hip-hop? Sì. E allora basta. C’è bisogno di tutto questo schifo? Non può bastare che due cazzo di cose stiano bene insieme? Mi piace l’oriente e mi piacciono i piedi delle donne, qual è il problema? I film mi vengono così. Dove sta la filosofia in questo? Non ho capito un periodo, io sono frutto di quel periodo. Sono euforico sì. Quando non sono depresso sono esaltato. E’ tipico dell’epoca? So solo che è tipico mio. Non ho rappresentato un epoca, ci sono cresciuto. Nascere, crescere, morire. C’è qualcosa di strano in questo? Tutto il resto sono solo stronzate. Cazzate da negro!.
Ma mi scusi, ho perso di nuovo il controllo. Basta col cinema.
Esplodo improvvisamente? Lo so. Sto facendo come nei miei film? Senta, non ci si metta anche lei. Noi registi siamo così. E penso valga anche per le altre arti. Dipingiamo quello che sentiamo. E ci dà anche un po’ fastidio che lo classifichiate. Ci sentiamo svalutati. Come si sentirebbe lei se chiunque le dicesse perché sta provando qualcosa? Eppure ad ogni cazzo di inquadratura è quello che ci succede. Che mi succede. Ed è difficile da sostenere. Soprattutto se tutti iniziano a prendersi troppo sul serio. Come quello stronzo di Spike Lee. Ha detto che sono un razzista. Io che esigo Samuel L. Jackson in ogni mio film. Io. Per Spike Lee invece, dirigendo Django, avrei insultato i suoi avi. Cosa ne capisco io della segregazione razziale se non sono nero, avrà pensato. Perché per sapere qualcosa della vitamina C si deve necessariamente essere un pompelmo, giusto? Ma basta cinema, la prego.
Ok, le parlerò delle mie paure. Mi ci faccia pensare.
Non lo so, a dire il vero. Non ho mai avuto paura. Solo una volta. Da piccolo. Quando il marito di mia madre mi ha portato a vedere Bambi. Mamma mia. Una paura del genere non l’ho mai provata. Insomma dai, quel povero cerbiatto indifeso. E la madre. Terribile. Vede, sono un tenerone in fondo.
A lei Bambi non è piaciuto? Ma chissenfrega, voi critici non capite un cazzo di niente tanto. Non mi avete dato l’oscar per “Bastardi senza gloria”, il mio capolavoro. Non capite un cazzo voi critici, lo ripeto.
Come non è un critico? Ma se fa lo psicologo. Si è solo tolto l’uniforme, come nel film. Solo che lì, Brad Pitt incideva svastiche sulle fronte dei nazisti. Dovrei farne una anche a lei, di svastica. Come lei non è un nazista?
Ma se mi ha obbligato a parlare solo di cinema.
