Tutti hanno le loro piccole abitudini, fissazioni, idiosincrasie, e chi più ne ha più ne metta. Nessuno ne è immune; per quanto apparentemente senza senso e senza una ragione logica che le causi, non possiamo fare a meno di continuare a seguirle. La categoria degli scrittori non è assolutamente da meno, trattandosi poi di artisti, quindi di creativi ed eccentrici per definizione, queste assumono dei toni ancora più particolari. Ce ne sarebbero moltissimi di esempi, ma quello che a suo tempo, quando lo scoprì mi colpì di più, fu quello che riguarda un’abitudine molto particolare, e a mio avviso commovente, di una delle mie scrittrici preferite, Isabel Allende, di cui avevo già parlato in uno dei miei primi articoli.
Per raccontarvela occorrono un paio di cenni biografici: l’autrice nacque a Lima, in Perù, nel 1942, da genitori cileni; vivevano lì perchè il padre era un diplomatico. Quando quest’ultimo divorziò da sua madre tre anni dopo, Isabel tornò in Cile per vivere a casa del nonno materno con i due fratelli e la madre. Molti anni dopo, l’8 Gennaio 1981, la Allende, emigrata nel Venezuela da anni, ricevette una telefonata che le comunicava le gravi condizioni del nonno; decise quindi di scrivergli una lettera, che divenne poi il suo primo romanzo, “La casa degli spiriti”, racconto ispirato alla sua storia familiare. Da quella volta, Isabel Allende iniziò sempre la scrittura della sua nuova opera l’8 Gennaio. Questa abitudine vale anche per il suo ultimo romanzo, “Oltre l’inverno”, uscito alla fine dell’anno appena trascorso.
A Brooklyn, durante una terribile tempesta di neve, si incontrano i destini di tre personaggi, che più diversi non potrebbero essere, uniti da un’incidente d’auto e dal ritrovamento di un cadavere in un bagagliaio. Lucía, cilena espatriata in Canada negli anni del brutale insediamento di Pinochet, ha una storia segnata da profonde cicatrici ma ha molta voglia di lasciarsi alle spalle l’inverno. E quando arriva a New York per un semestre come visiting professor, si predispone con saggezza a godere della vita. Richard è un professore universitario spigoloso e appartato. Anche a lui la vita ha lasciato profonde ferite, inutilmente annegate nell’alcol e ora lenite solo dal ferreo autocontrollo con cui gestisce la sua solitudine, ma la scossa che gli darà la fresca e spontanea vitalità di Lucía restituirà un senso alla sua esistenza. La giovanissima Evelyn è dovuta fuggire dal Guatemala dove era diventata l’obiettivo di pericolose gang criminali. Arrivata avventurosamente negli Stati Uniti, trova impiego presso una facoltosa famiglia dagli equilibri particolarmente violenti: un figlio disabile rifiutato dal padre, una madre vittima di abusi da parte del marito e alcolizzata, un padre coinvolto in loschi traffici.
Il romanzo è difficile da inserire in una categoria specifica, perchè la Allende fonde magistralmente vari generi, dal thriller al realismo magico, dal romanzo rosa all’attualità. Riguardo quest’ultimo punto, è evidente nell’autrice l’interesse per la questione dell’immigrazione, legale e non, molto attuale negli Stati Uniti, dove l’autrice risiede dal 1989, in virtù delle importanti misure prese dall’amministrazione Trump. Data anche la sua storia personale e le sue origini, la Allende riprende anche molte delle vicende politiche del Sudamerica del Novecento e non è difficile notare una forte somiglianza tra il personaggio di Lucia e quello della scrittrice stessa. Anche la tematica dell’amore in tarda età viene riprese in questa sua ultima opera, ma trae molto spunto dalla sua esperienza di vita. Una buona lettura per cominciare il nuovo anno e per vedere sempre il lato positivo della vita, oltre qualunque inverno.
Isabel Allende, Oltre l'inverno, Feltrinelli, 2017
