Poster girl di Veronica Roth - Recensione

Rieccomi per un altro review party! Questa volta è toccato a Poster girl di Veronica Roth, uscito il 4 aprile, quindi appena tirato fuori dal forno almeno per noi qui in Italia. Ringrazio Mondadori per avermi dato la possibilità di leggerlo in anteprima e di recensirlo per voi. Vi ricordo che trovate le recensioni degli altri membri del team nei loro blog che vi lascio qui sotto!

 

Molti storceranno il naso perché Poster girl è proprio di quella Veronica Roth che ci aveva delusi con The Divergent Series. Ma io The Divergent Series non l'avevo letto e quindi, nonostante i numerosi avvertimenti, ho voluto leggere qualcosa di suo per farmi un'idea mia. Com'è andata? In effetti non proprio benissimo.

Le premesse erano molto croccanti. Immaginatevi una situazione in stile 1984 di G. Orwell, in cui tutto, ma veramente tutto (anche le risate) sono monitorate da una dittatura chiamata "La Delegazione". Poi aggiungete la rivolta che scoppia nel secondo capitolo di Hunger Games di S. Collins che rovescia la dittatura con successo e punisce gli aguzzini. Ecco, Poster girl inizia proprio da questo punto qui e la cosa che mi entusiasmava ancora di più era che il POV fosse proprio della ragazza immagine della dittatura Sonya Kantor (l'anti-Katniss per capirci) ormai segregata insieme agli altri membri della Delegazione in una sorta di ghetto chiamato "l'Apertura", sorvegliato a vista da soldati "repubblicani".

A questo punto a Sonya viene fatta una proposta: se riuscirà a ritrovare una bimba scomparsa, in premio avrà la libertà. Ovviamente Sonya accetta e da qui in poi la seguiremo in un distopico/mystery alla ricerca della suddetta bambina. E sempre da qui inizieranno i problemi, sia per lei che per i lettori.

 

Il volume è scorrevole, pieno di azione, e il ritmo piuttosto sostenuto. Ci sono anche un paio di colpi di scena interessanti e inaspettati che contribuiscono a rendere accattivante la narrazione.

Purtroppo però ho trovato grossi problemi nello stile di scrittura e nella costruzione dei personaggi. La storia è raccontata in terza persona presente, scelta che non mi ha proprio convinto, anche se non è di per sé un problema. La narrazione tuttavia è farcita di frasi e dettagli completamente inutili ai fini della storia. Non so se il fine di Roth fosse creare situazioni più immersive, ma queste frasi infastidiscono, distraggono e non servono assolutamente a nulla. Fateci caso.

Inoltre i personaggi sono piatti, non hanno carattere né profondità psicologica. Da una protagonista nella posizione di Sonya, mi aspettavo grandi elucubrazioni sulla dittatura, sul ruolo che lei ha giocato all'interno di essa insieme alla sua famiglia, il suo parere sulla repubblica o quantomeno leggere le emozioni che prova di fronte a questo scenario. Veronica Roth ha avuto l'opportunità di riscrivere La banalità del male in chiave distopica e per ragazzi e l'ha letteralmente sprecata, concentrandosi sulla parte mystery piuttosto che approfondire il tema dell'oppressione, del senso di colpa, del pentimento attraverso lo sguardo di Sonya.

Il risultato quindi è proprio un mystery insipido, che si lascia leggere facilmente, ma che non lascia nulla nei lettori. La distopia è costruita in maniera banale ed è impossibile affezionarsi a personaggi così poco delineati, soprattutto considerato da che parte della barricata stanno. I temi affrontati vengono affrontati a mio avviso in maniera superficiale se non proprio problematica.

IL PROSSIMO PARAGRAFO CONTIENE SPOILER

La sensazione che si ha alla fine di Sonya è che non sia una ragazza malvagia ma semplicemente che abbia seguito le dottrine inculcatele dalla dittatura (il male è banale appunto, continuando a citare Hannah Arendt), e sembra che anche l'autrice voglia assolverla senza nemmeno troppe riflessioni. Ho avuto l'impressione che la protagonista problematizzasse molto poco il contesto e che fosse poco introspettiva. Gli unici che storcono leggermente il naso per i suoi comportamenti sono i familiari delle vittime davanti ai quali Sonya tenta goffamente di redimersi. Anche sul finale Roth ha la possibilità di osare, ma non lo fa. Ci fa annusare il colpo di scena, ma poi opta per l'alternativa più facile. Scelta comunque saggia dato il target del libro. Si ha comunque la sensazione che l'autrice stessa sia troppo indulgente con la protagonista.

FINE SPOILER

Facendo un bilancio dunque, Poster girl è un mystery piuttosto avvincente e che per questo si fa leggere facilmente, ambientato in una distopia, tuttavia mediocre nello stile e che non lascia il segno e che anzi, a qualcuno può far venire il prurito per le modalità in cui (non) vengono affrontate determinate problematiche.

 

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