Ormai le sparizioni si tramutano in omicidi con una frequenza disarmante, ma rimango abbastanza tranquillo su Lara, che non me la racconta giusta, ma sento che sta bene e che mi tiene nascosto qualcosa. Nel frattempo qualche ragazza si avvicina e provo a incanalarmi in queste conoscenze femminili, rimanendone sempre deluso. Sicuramente è colpa mia che ormai non riesco ad essere trasportato completamente dalle prime uscite, i primi incontri rubati, le passeggiate in centro a dire sciocchezze; dentro di me cerco sempre di scoprire dove la ragazza romperà i coglioni, concentrandomi solo sui difetti e sui pregi fisici, senza mai riuscire ad andare oltre. Poi, parliamoci chiaro, quale ragazza accetta di buon grado di salire su una Panda di vent'anni fa? Sono ricco e in alcuni ambienti anche famoso, ma la mia vita semplice mi rende un tipo insignificante, ed è proprio il primo trucco per scoprire se posso piacere seriamente o meno alla ragazza con cui esco, con tutte le false conclusioni che ne conseguono. Insomma, comincio ad invecchiare. Da ragazzo era tutto molto più semplice e nonostante i vizi, ero sano, forte, sportivo e dannatamente bravo a scrivere. Che fine ha fatto quella vena creativa? Dove si nasconde la spensieratezza che mi avvolgeva e che invece ora riesco a trovare solo a sprazzi dopo un'estenuante ricerca? Il talento non basta, bisogna allenarsi, impegnarsi costantemente con perseveranza e sudore, parlare, studiare e incrociare vite e meccanismi per inserirsi nel posto giusto al momento giusto; è questo che mi sta fottendo piano piano. Sono consapevole ma anche vulnerabile, poco incline come sono alle scorciatoie e alle parculate che tanto vanno di moda, oggi come ieri. Il talento, solo quello conta per me e fanculo il resto. E se gli altri devono sudare il doppio per giungere al medesimo risultato, la mia non è mancanza di rispetto, solo semplicemente opportunità diverse dove tendenzialmente le persone si spaccano in due: chi esalta il talento, chi lo condanna o sminuisce. Ormai tutti sappiamo che l'equilibrio è fondamentale, quindi una guida risulta determinante per i talentuosi, qualcuno che ti metta sempre in faccia i mille difetti per restare inchiodato alla realtà quotidiana, al riparo dalla finzione del personaggio e dall'ego che sovrasta l'Io interiore. "Dai grandi doni derivano anche grandi vene distruttive". Parola di George Best.
Il più grande calciatore di tutti i tempi nasce a Belfast il 22 maggio del 1946 da una normale famiglia irlandese tipica di quegli anni. Vive un'infanzia tranquilla, dove la sua più grande preoccupazione è quella di giocare con qualsiasi cosa ricordi o sia una palla, affinando le sue straordinarie doti tra le strade e i campi dissestati della sua città natale. Ancora il calcio non viene vissuto con lo slancio emotivo ed economico di oggi, bisogna aspettare l'esplosione di George affinché questo accada. Esatto, il patriarca dell'epopea del calcio moderno è proprio il nostro amico, travolto dal successo che lo condannerà inesorabilmente.
George viene notato dall'osservatore del Manchester United Bob Bishop quando è ancora un gracile quindicenne di appena un metro e settanta: "Ho trovato un genio" sono le parole che Bob pronuncia all'allenatore dei Red Devils Matt Busby. Per motivi burocratici non può essere arruolato in prima squadra, quindi viene parcheggiato momentaneamente tra le file minori. George è un ragazzo semplice ed introverso, tanto che appena sbarcato a Manchester torna subito indietro a Belfast, spaventato dal salto nel buio; viene convinto dal padre e da Busby ad intraprendere la via del professionismo. Si allena con grande foga e tenacia, sviluppando una notevole potenza sulle gambe, che unita alla sua voglia di rivalsa e al talento cristallino, lo rendono un modello calcistico ideale. Esordisce in prima squadra ad appena diciassette anni, vivendo una stagione da protagonista, con qualche lampo che lo renderà celebre già dalla stagione successiva. La sua grandezza risiede nella preparazione fisica, che nonostante la bassa statura lo rende un formidabile staccatore di testa, permettendogli di coprire tutto il campo tra tackle difensivi, dribblig ubriacanti, inserimenti prodigiosi, rasoiate a fil di palo, pallonetti e bordate sotto l'incrocio, Insomma, sa fare tutto, destro o sinistro poco importa, usa entrambi i piedi con la stessa efficacia, rendendolo totalmente imprevedibile, potendosi girare, tirare e controllare la palla da e in ogni direzione; le sue intuizioni geniali colorano i campi e gli schermi in bianco e nero, facendo sognare gli spettatori. La consacrazione definitiva avviene la seconda stagione a Manchester, dove gioca e segna con continuità, vivendo da protagonista la cavalcata al titolo inglese. Ma è nella stagione seguente però che esplode a livello internazionale quando con una doppietta spedisce a casa il Benfica di Eusebio (un altro mostro sacro) ai quarti di finale di Coppa Campioni; la stampa portoghese consacra il "quinto beatle", etichetta che lo accompagna ancora oggi. La sua stella illumina i giovani, sopratutto le ragazze, bruciandolo però sotto l'indifferenza della popolarità, che esplode in tutta la sua violenza nel 1968, quando trascina i suoi nella vittoriosa e storica finale della Coppa Campioni vinta contro il Benfica (ancora!); per la prima volta una squadra inglese è regina d'Europa. All'età di ventidue anni, dopo due campionati vinti, il titolo di capocannoniere in Premier e la fresca vittoria della Coppa Campioni, diventa il più giovane vincitore del Pallone d'Oro. Indubbiamente è un bel ragazzo ed è anche il primo calciatore ad essere al centro del gossip, della televisione, della pubblicità e degli intrighi del primo marketing; la sua vita corre sempre sul filo del rasoio, tra eccessi, alcol, macchine e nottate bagorde. Un sogno dentro e fuori dal campo, icona assoluta dell'Inghilterra che cambia. Ricordiamoci che sono gli anni dei moti studenteschi e dell'ondata rock, dei grandi ideali e del boom economico. Tante contraddizioni avvolte in un unico ragazzo, che lo imprigionano dentro il personaggio che ormai si è creato e dal quale è impossibile uscirne, il cui confine tra forzatura e realtà risulta alquanto labile. Le prestazioni sportive cominciano a farsi altalenanti, la squadra si sgretola e perde i campioni più blasonati relegandosi a metà classifica per gli anni successivi. George è demotivato dai nuovi compagni e conduce una vita sempre più sregolata, regalando perle dentro e fuori dal campo; ma la sua parabola è discendente ed a soli 28 anni la sua carriera è praticamente finita, e con il magone divorzia dal Manchester. Il pellegringgio calcistico lo porta a splendere nei campionati dei vari continenti, dove il tasso agonistico e tecnico è decisamente inferiore rispetto a quello europeo, consentendogli di brillare ancora per qualche anno, finché non approda nelle serie minori inglesi, dove si diverte e fa divertire, con l'amore incondizionato che la gente mantiene vivo nei suoi confronti.
Il suo è stato un genio istrionico e irriverente, al limite dello spocchioso, e quando ormai la sua parabola era in caduta libera, si concede un lusso che rimarrà nella storia: nel 1976, durante la partita tra la sua Irlanda del Nord e l'Olanda, si invola palla al piede verso la porta avversaria, poi torna a centrocampo, punta Cruyff (allora il più grande calciatore in circolazione), finta, controfinta, tunnel e poi passa il pallone ad un compagno; si avvicina all'avversario e dice "Tu sei il più grande di tutti, ma solo perché io non ho tempo". Aforismi del genere, spocchiosi ed esilaranti, ne ha elargiti parecchi, ma erano probabilmente un chiaro segnale di debolezza che nessuno è riuscito a cogliere, lasciandolo solo con i suoi mostri interiori. Infatti sul letto di morte, mangiato dall'alcol, pretende che venga fotografato e venga scritto il suo ultimo e toccante aforisma: "Non morite come me". Era il 20 novembre del 2005, morirà cinque giorni più tardi.
Maradona good, Pelè better, but George Best!
[Attenzione: La voce narrante di chupiti d'annata è un personaggio fittizio, così come tutti gli altri personaggi che interagiscono nel breve intreccio della rubrica, tutti liberamente tratti da film cult. Gli episodi sono frutto della mia fantasia, senza alcun legame con la realtà, pertanto rilassatevi e godete di questo chupito. Se è la prima volta che vi imbattete in questa rubrica e vi appassiona la parte romanzata, vi invitiamo a seguirla dal suo primo capitolo che potete trovare qui]

Quando a Gionni va che strane cose fa, lui può spostare tutto col pensiero.
E’ timido e sincero, di tutti tutto sa poichè legge nel pensiero.