ECMC 2017 Wien - reportage parte prima

Quest’anno gli europei dedicati ai bike messenger di tutta Europa si sono tenuti a Vienna, dal 20 al 23 luglio. Questa sarebbe stata la ventiduesima edizione degli European Cycle Messenger Championship: troppo vicini per non andare. L’anno scorso si erano tenuti a Copenaghen, ma sfortunatamente non ero riuscito a partecipare. Inoltre c’erano stati i mondiali a Parigi e, per cause di forza maggiore, mi ero perso anche quelli. Appena scoprii che gli ECMC del 2017 si sarebbero tenuti a Vienna misi le mani avanti: presi ferie con molto anticipo e iniziai a lucidare la bici.

Gli ECMC sono l’evento dell’anno per qualsiasi bike messenger: è l’evento con il quale si misurano le capacità di ognuno attraverso numerose tipologie diverse di gare, ma soprattutto attraverso il quale si rivedono vecchi amici, se ne conoscono di nuovi e ci si cala per tre giorni senza sosta nel mondo delle biciclette e dei corrieri espressi in bici: tre giorni di eventi di tutti i tipi accomunati dal tema della bicicletta.

 

 

Innanzitutto si trattava di trovare qualcuno con cui andare, cosa che per chi lavora in una società di bike messenger è facilissima: appena uscirono le date infatti eravamo già un bel gruppetto a voler andare. Dopo qualche assestamento il gruppo definitivo risultava composto da me, il buon vecchio Sam (chi segue le mie avventure sa già di chi sto parlando), Dome e Ale. Inoltre un altro nostro collega, Marce, ci avrebbe aspettati a Vienna, trovandosi già là per altri motivi.

Ok, la squadra era fatta. Ora ci serviva un nome. Per fortuna la fervida fantasia di Ale pose rimedio immediatamente al problema. Siamo pony e siamo torinesi: non esisteva nome migliore de “Le scuderie sabaude”.

Avevamo anche il nome; a questo punto non rimaneva che trovare il modo più economico per andare a Vienna. Sicuramente l’ideale sarebbe stato andare in bici come i nostri colleghi di Genova (andate a trovarli qua), ma purtroppo non avevamo abbastanza tempo. Ci serviva qualcosa più rapido. Guardammo i treni, ma erano troppo cari per le nostre povere tasche da corrieri. Inoltre avremmo dovuto trovare e pagare un alloggio arrivati laggiù. Ale propone di prendere la sua macchina e dividere i costi. Ma quattro bici dove le avremmo messe? A questo punto mi sento costretto a giocarmi il jolly: chiedere ai miei genitori il camper. E camper fu. Chi ha letto il mio libro (che potete acquistare qui), la cui recensione Nastorix potete invece leggere qui  saprà che i messenger non sono di tante pretese. Non ci lasciammo spaventare dal lunghissimo viaggio che ci aspettava, dal fatto che avremmo dovuto vivere quattro giorni stipati in una scatoletta di tonno insieme a quattro bici, lavandoci il meno possibile e dormendo impilati. L’unica cosa che pensammo fu: abbiamo la soluzione.

Il 20 mattina, prestissimo, con le occhiaie che toccavano per terra, smontammo le bici e caricammo tutto sul camper, con la gente che ci guardava male scambiandoci per ladri. Riuscimmo per fortuna a legare due delle quattro biciclette al portapacchi posteriore. La spesa che ci portammo dietro sembrava quella di una famiglia del sud che va al mare. Con questo assetto eravamo pronti a partire per la nostra avventura: destinazione Vienna!

Il viaggio trascorre abbastanza tranquillo e senza grossi intoppi. La pacchia è che appena entriamo in Austria non ci sono più caselli autostradali: basta incollare sul vetro del camper un bollino comprato all’Autogrill per poter viaggiare tranquilli e senza doversi fermare a pagare il pedaggio. Io e Sam eravamo i piloti ufficiali della spedizione, mentre Ale e Dome ci fornivano tutto quello di cui avevamo bisogno e quindi caffè, cibo, bibite e accompagnamento musicale. Dormivamo a turni poiché, essendoci svegliati molto presto, eravamo già stanchi fin dalla partenza. Così, in un modo o nell’altro, ci siamo ritrovati sotto il cartello “Wien”.

Ringraziamo il Cielo per il tempismo con cui navigare in roaming è diventato gratuito. Inseriamo la nostra destinazione su Maps e ci immergiamo nel traffico della capitale austriaca. Trovare un posto adeguato per lasciare fermo il camper quattro giorni risultava comunque difficile. Vagammo un po’ prima di avvistare un parcheggio che ci apparve come in Messia. Al nostro urlo “parcheggiati lì!” Sam si fece prendere un po’ troppo dalla foga: strinse la curva e fece la fiancata al camper. Sbiancò. Accennò una retro e contemporaneamente vedemmo un paraurti dell’auto che avevamo colpito cadere a terra. Che fare? Questa è una di quelle cose di cui nessuno di noi va fiero, ma che vanno riportate per amor di narrazione. Un giorno, quando rileggeremo questo reportage ci ricorderemo di questa cazzata e di come scappammo senza lasciar nessun recapito.

Nei pressi del quartier generale dell’evento per fortuna incontrammo delle persone che ci indicarono dove trovare dei posteggi gratuiti dovre avremmo potuto accamparci per tutta la durata delle gare. E mai un parcheggio fu più azzeccato per dei pony: ci ritrovammo in prato enorme, sotto le fronde degli alberi, proprio accanto ad un ippodromo. Quello sarebbe stato il nostro campo base.

Per non dormire veramente impilati ci recammo al quartier generale nel quale avevamo prenotato alcuni posti letto in un luogo che non avremmo mai immaginato (ma che avremmo dovuto immaginare). Le stanze concesse ai bike messenger per dormire in realtà erano delle vere e proprie stalle dismesse.

 

 

E così, come veri pony, i pony umani furono accolti delle scuderie viennesi. All’improvviso il camper iniziò a sembrarci una reggia, per di più comoda e pulita.

Decidemmo di alternare nottate in camper a nottate nella stalla, in modo che ogni sera almeno qualcuno dormisse comodo. Ci stavamo preparando allo scioglimento della truppa, ma non avevamo ancora fatto i conti con i corrieri ungheresi. Nonostante fossero le tre di notte e noi fossimo stremati dal viaggio, gli ungheresi sembravano stare portando avanti una festicciola mal riuscita. Musica, birra e la fatidica grappa. Non c’era verso: non ho capito se fosse una questione di rispetto, di ospitalità o di onore, ma gli ungheresi sembravano non volerci lasciare andare a dormire se non dopo un bicchiere di grappa distillata da loro personalmente. Fu il colpo di grazia. Parte delle Scuderie Sabaude si addormentò sdraiata su dei tavoli di legno; io e Ale riuscimmo a tornare fino al camper dove piombammo in un sonno profondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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