Il 1948 segna un nuovo inizio nella politica italiana. Il 1 gennaio entra in vigore la Costituzione della Repubblica e il 18 aprile hanno luogo le Elezioni. Il nuovo governo si propone di rispondere ai tantissimi disoccupati, sfollati, che affrontano ogni giorno enormi difficoltà e che vivono in miseria: così, la nostra Penisola, nonostante l’ingente deficit pubblico, inizia lentamente a risollevarsi e la Democrazia Cristiana ne firma la rinascita.
Nei mesi precedenti la situazione nazionale rispecchia alla perfezione quella a livello internazionale: sono i primi anni della Guerra Fredda e dell’Europa divisa in blocchi (secondo quando stabilito da Fanklin Delano Roosevelt, Winston Churchill e Josif Stalin a Yalta nel 1945). Difatti, dopo che nel 1947 il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi ha ottenuto dal Presidente degli U.S.A. Harry Truman ingenti aiuti economici per la ricostruzione, i comunisti ed i socialisti vengono esclusi dal Governo, il quale, fino a quel momento, aveva compreso tutti i partiti componenti il Comitato di Liberazione Nazionale. Di conseguenza il clima di collaborazione viene sostituito da una violentissima contrapposizione ideologica, esacerbata proprio dal contesto internazionale: lo scontro si trasferisce nelle piazze e nelle fabbriche, con scioperi e proteste che rendono durissimo il clima sociale. Se la Democrazia Cristiana fa riferimento all’Occidente ed alla NATO, il Fronte Democratico Popolare (formato dal Partito Comunista Italiano e dal Partito Socialista Italiano) si rifà all’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
La maggioranza relativa dei voti e quella assoluta dei seggi vengono conquistate dalla Democrazia Cristiana (finora un caso unico), che diventa il principale partito italiano ed il punto di riferimento per gli elettori anticomunisti. La sconfitta del Fronte Democratico Popolare ne sancisce un ridimensionamento rispetto al risultato conseguito solo due anni prima. Nasce così il cosiddetto “Centrismo”, la cui azione inizia a rimettere in moto l’Italia: il Piano Casa, il Piano Siderurgico, la Cassa per il Mezzogiorno e la Riforma Agraria sono solo alcune delle iniziative politiche volute da De Gasperi.
La contrapposizione tra D.C. e F.D.P. origina per lo più un bipolarismo che spacca la popolazione. La Chiesa istituisce i Comitati Civici, assume un ruolo rilevante nell’acquisizione del consenso e costituisce un potente fattore di mobilitazione nei confronti soprattutto dei credenti non interessati alla politica. Più in generale, la stimolazione delle coscienze e dell’opinione pubblica risulta ingente: centinaia di migliaia di militanti in ogni parte d'Italia organizzano comizi, affiggono manifesti, distribuiscono volantini, praticano proselitismo casa per casa al fine di convincere gli indecisi.
Le Elezioni del 1948 meritano di essere ricordate per l’importanza della posta in gioco e perché hanno fissato per decenni alcuni capisaldi della nostra Repubblica: il pluralismo convergente nella Democrazia Cristiana vincente; l'adesione italiana al blocco occidentale; le marcate ideologie dei partiti di massa che sostengono visioni opposte della società umana; la contrapposizione tra comunismo ed anticomunismo; gli avversari descritti come nemici da delegittimare; le influenze di Santa Romana Chiesa e dei Sindacati; l'esclusione dei comunisti da ogni governo; il sistema proporzionale puro (in vigore fino al 1992); i moderati vincenti nel Triveneto e nel Centro-Sud, la Sinistra diffusa nel Centro-Nord.
Gli aiuti economici americani, il forte ruolo della Religione, la propaganda anticomunista, la prospettiva di un sistema democratico occidentale, portano la maggioranza del popolo ad esprimersi in favore della Democrazia Cristiana guidata da Alcide De Gasperi. Egli poi, al fine di conquistare altre aree politiche e dimostrando un fine acume, rinuncia a costituire un esecutivo monocolore e continua ad avvalersi di quelle formazioni minori - repubblicani, liberali e socialdemocratici - con le quali aveva già lavorato nei precedenti governi. Inizia così una nuova fase, quella del "Centrismo", imperniata su una forza dominante moderata e cattolica.
Il film che racconta meglio l'antagonismo ideologico di quegli anni è “Don Camillo” (*), una produzione italo-francese del 1952, liberamente ispirata ai personaggi creati dallo scrittore Giovannino Guareschi. Il protagonista non incarna lo stereotipo del mite pretino di provincia, poiché impulsivo, esuberante e dotato di una grande forza fisica. A lui si contrappone il capo della sezione del P.C.I. Giuseppe Peppone Bottazzi, appena eletto Sindaco alle Amministrative locali. Sebbene i due si conoscano da lunga data, i litigi sono frequenti, a causa delle visioni politiche differenti. Il loro paese viene definito da Guareschi un Mondo Piccolo, in quanto specchio ideale della realtà rurale italiana del dopoguerra. Don Camillo ha un dialogo costante con il Cristo in croce sull’altare maggiore, il quale risponde con saggezza ad ogni domanda del sacerdote e lo richiama all’ordine quando quest’ultimo perde le staffe a causa delle sue idee politiche.
Peppone, da parte sua, può contare sui militanti (il Brusco, lo Smilzo) della Sezione, ma nei momenti seri sa segretamente a chi rivolgersi. Certo, le atmosfere ironiche, goliardiche ed affettuose, costituiscono per lo spettatore più una godibile fonte di divertimento che una fotografia reale di quegli anni: da un lato, la libertà dagli schemi di Partito, la capacità di ragionare con la propria testa o di obbedire alla propria coscienza, non erano davvero diffuse; dall'altro, non lo era la tolleranza per chi desiderasse dare al proprio figlio il nome Lenìn o per chi sostenesse in ogni forma il Comunismo. La pellicola, comunque, funziona molto bene ancora oggi grazie alla magnifica alchimia tra i due attori protagonisti: Fernandel e Gino Cervi. Il successo di pubblico è stato abnorme, nonostante le forti irritazioni in molti ambienti religiosi e proletari, al punto da far produrre altri quattro capitoli. Nel 1970 “Don Camillo e i giovani d’oggi” non è stato terminato a causa delle gravi condizioni di salute di Fernandel, che hanno costretto all’interruzione delle riprese. Il film è stato realizzato due anni dopo, ma i tempi erano ormai cambiati, così come i luoghi ed i protagonisti (Gastone Moschin e Lionel Stander).
Altri film sul tema: "Il ritorno di Don Camillo" (1953) di Julien Duvivier - "Don Camillo e l'Onorevole Peppone" (1955) di Carmine Gallone - "Don Camillo monsignore... ma non troppo" (1961) di Carmine Gallone - "Il compagno Don Camillo" (1965) di Luigi Comencini.
(*) "Don Camillo" - Regia: Julien Duvivier - Cast: Fernandel, Gino Cervi, Franco Interlenghi, Saro Ursì, Giorgio Albertazzi, Leida Gloria - Sceneggiatura: Julien Duvivier - Fotografia: Nicolas Hayer - Musiche: Alesandro Cicognini - Genere: commedia - Durata: 107 minuti.

Da Riccione col furgone.