Il 9 luglio 1943 gli Alleati guidati dagli americani sbarcarono in Sicilia. Il 10 febbraio del 1946 un italoamericano di nome Salvatore Lucania seguì la stessa rotta, questa volta in direzione di Napoli. Due eventi che, considerati singolarmente, hanno un valore storico completamente differente ma che, se considerati come uno la conseguenza dell'altro, danno vita ad una trama che ancora oggi oscilla tra il reale e il leggendario. La rotta che collega via mare l'Italia con gli Stati Uniti è stata percorsa, soprattutto all'inizio del XX secolo, migliaia di volte da navi cariche di vite, distrutte dalle fame, che raggiungevano Ellis Island in cerca di fortuna. Ma quel viaggio di ritorno nel 1946 aveva un valore del tutto diverso: Salvatore Lucania, che nel frattempo era diventato Lucky Luciano, fortuna l'aveva fatta. Ma non venne soprannominato “Lucky” per questo.
I coniugi Lucania, all'inizio del secolo, non erano che una delle tante famiglie a seguire la rotta verso l'America. Con loro vi era il giovane Salvatore, il quale ben presto trovò il modo di sopravvivere alle strade della grande metropoli americana abbracciando il mondo della criminalità organizzata. Il 16 ottobre del 1929 in uno degli scontri tra le bande rivali di Vito Cascio Ferro e Salvatore Maranzano cadde anche il giovane Salvatore. Lucania stava appeso ad un gancio con la gola tagliata da un orecchio all'altro, ma quando gli agenti fecero irruzione in un magazzino di Staten Island era ancora vivo. Aveva ricevuto diverse coltellate ma i medici riuscirono a ricucire torace, braccia e collo. Da quel giorno per tutti diventò “Lucky” Luciano e quando si riprese scatenò una feroce guerra di mafia. Frequenti all'ora erano gli scontri tra i picciotti di Joe “The Boss” Masseria e quelli del suo rivale Salvatore Maranzano. Quella guerriglia continua, tuttavia, disturbava gli affari. Così la pensava il giovane Lucky, così la pensava Meyer Lansky, il suo amico e socio ebreo conosciuto nelle strade del ghetto adiacenti a quelle di Little Italy, così la pensavano anche Bugsy Siegel, Vito Genovese, Albert Anastasia, i "giovani turchi" della mafia americana. Luciano fece eliminare prima Masseria, durante un pranzo tra il boss e Lucky stesso, e poi Maranzano, che credeva di aver ereditato il comando da Masseria. Una volta eliminati anche tutti coloro che, con la morte dei due boss, non erano stati abbastanza rapidi nello schierarsi, Luciano decise di riorganizzare la mafia secondo criteri più adatti agli affari americani. Sulle strade della grande metropoli, dove il giovane Salvatore aveva dovuto lottare per sopravvivere, le pile di giornali fuori dalle edicole riportavano a grandi lettere la scritta “Cosa Nostra”. La carriera di Lucky fu rapida. Con la nuova organizzazione Luciano, Meyer Lansky e gli altri della commissione traghettarono tutte le “famiglie” americane dagli affari del proibizionismo e del pizzo al traffico di droga. Durante un incontro ad Atlantic City tra i boss delle varie famiglie Luciano disse che lo Stato avrebbe dovuto pensare alle virtù pubbliche, mentre loro avrebbero dovuto avere la gestione dei vizi. Tuttavia, fu proprio un vizio ad incastrare Lucky Luciano. Nel 1935 venne arrestato per ordine del nuovo procuratore speciale di New York, Thomas E. Dewey, per sfruttamento della prostituzione e venne condannato dai trenta ai cinquant'anni di carcere. Sembrava così essere giunta al capolinea la carriera di uno dei maggiori personaggi della mafia americana del XX secolo.
A distanza di soli undici anni però lo stesso procuratore Dewey, che nel frattempo era diventato governatore dello Stato di New York, concesse la grazia a Luciano per i servigi resi alla Marina durante il secondo conflitto mondiale, a patto che lasciasse gli Stati Uniti per stabilirsi in Italia. Fu in quel momento che la vita del boss Lucky Luciano assunse i contorni del romanzo. A posteriori, infatti, diverse fonti sostennero che la grazia concessa al boss fosse da collegare al 9 luglio del 1943, ossia allo sbarco degli Alleati in Sicilia. Venne raccontato, negli anni, che il servizio reso da Lucky fu quello di segnalare agli americani i mafiosi residenti in Sicilia, i quali avrebbero cooperato all' ”operazione Husky”, una delle più grandi operazioni anfibie della Seconda Guerra Mondiale. In particolare si affermò che il principale interlocutore di Luciano nell'isola fosse don Calogero Vizzini, il quale aderì al progetto, unendo insieme le forze dei latifondisti affiliati al Mis (Movimento per l'Indipendenza della Sicilia), e dei mafiosi, a quelle dei servizi segreti americani. Non a caso l'AMGOT (Allied Military Government of Occupied Territories) impose in quegli anni don Calò come sindaco di Villalba. A fare da tramite tra Luciano, che al tempo era ancora in carcere, e Vizzini fu il criminale Vito Genovese che, dall'America, era ritornato in Italia già nel 1938. Vennero rinvenute fotografie delle stesso Genovese, in divisa americana, insieme al bandito Salvatore Giuliano, così come quelle del mafioso italo-americano, Albert Anastasia, inquadrato in un reparto di fanteria il cui gagliardetto consisteva in una grande “L” gialla (di Luciano). Lo stesso vessillo sembra che fosse attaccato anche ad un automobile che, il giorno della celebrazione dell'armistizio siglato con gli Alleati a Cassibile, passò di fronte alle autorità americane mentre veniva suonato l'inno a stelle e strisce.
Tutto questi elementi, in particolar modo l'emblema con la “L”, non vennero mai presi realmente sul serio dalla storiografia. Sembra invece che la vera ragione, o perlomeno quella accettata, che permise a Lucky Luciano di uscire dal carcere vada ricercata nella collaborazione tra US Navy e mafia per la difesa del porto di New York. Il porto infatti, fin dall'inizio della guerra, aveva assunto importanza strategica in quanto era il punto di partenza dei rifornimenti inviati in Europa ai nemici dell'Asse. Al fine di ridurre al minimo i rischi di sabotaggio ai carichi da parte di spie tedesche e italiane, uno dei responsabili dell'intelligence addetto alla sicurezza portuale decise di mettersi in contatto con Luciano. Il boss, infatti, seppur in cella, continuava a controllare le attività illecite del porto attraverso un affiliato, Joe Lanza. La collaborazione tra le parti ebbe successo: le informazioni che la cosca di Luciano mise a disposizione dei servizi segreti permisero non solo di smantellare la rete spionistica nel porto di New York, ma consentirono anche la pace sindacale, utile a non turbare l'invio di materiale bellico agli Alleati.
Dalla storia degli ultimi anni di vita di Luciano, trascorsi principalmente a Napoli, è stato ricavato un film omonimo, diretto da Francesco Rosi nel 1973. Luciano, interpretato da Gian Maria Volonté, sembra vivere apparentemente una vita tranquilla e ineccepibile, ma in realtà continua ad essere l'ago della bilancia del traffico internazionale di stupefacenti. Tra le varie attività di copertura che Luciano utilizzava per confezionare l'eroina vi era anche una fabbrica di confetti e dolciumi di Palermo, intestata al suo vecchio amico don Calogero Vizzini.
