Venerdì 15 luglio 2016 è stato rilasciato ufficialmente in Italia Pokémon Go, il videogioco sviluppato dalla Niantic, ex startup di Google oggi sostituita da Alphabet, specializzata nella progettazione di giochi di realtà aumentata per dispositivi mobili. Di Pokémon Go dovreste aver già letto sicuramente qualcosa, visto che in realtà per i dispositivi iOS e Android nel nostro Paese è già disponibile da qualche settimana e anzi, molti di voi ci staranno giocando in questo momento. Tuttavia, per quelli che non hanno intercettato nulla ecco, scritto in parole povere, cos'è Pokémon Go: una applicazione per cellulari che, sfruttando la vostra fotocamera e il sistema di GPS, vi permette di divertirvi con la realtà aumentata di un videogioco che, mentre gironzolate per la vostra casa o tra le vie della città, trovate i Pokémon, li catturate e, arrivati ad un certo livello, se vi trovate con degli amici al bar potete sfidarvi come veri allenatori Pokémon per completare il vostro Pokédex con tutti i 151 Pokémon. In alternativa, ci sono delle vere e proprie palestre Pokémon nel mondo reale (dei luoghi quindi), dette PokéStop e controllate da persone in carne ed ossa che formano un team di alleati o avversari. Quindi, anche se non avete amici che giocano a Pokémon Go, nessun problema. Uscite, trovate una palestra e via: catch 'em all! Nel frattempo vi conviene comunque continuare a girovagare per trovare i vostri Pocket Monsters perché non solo appaiono a seconda di dove vi trovate (ad esempio, se siete sul lago troverete un Pokémon d'acqua e così via), ma ce ne sono di rari ovviamente e, non da ultimo, le varie attività hanno ovviamente un costo: i vostri Euro vengono convertiti in Pokémonete, con cui comprare ad esempio i tipi più pro di pokéball.
Se credete che io sia impazzita e che mi sia messa al posto di Andrea a scrivere di videogiochi vi fermo subito: è un articolo di attualità, tranquilli. Io a Pokémon Go non ci ho mai giocato e tutto quello che avete appena letto nasce da ricerche online e qualche dritta di amici che, invece, hanno prontamente scaricato l'app e sono già esperti in materia. Tuttavia, come ignorare il fatto che, se già un paio di giorni prima il videogioco aveva spodestato il colosso di YouPorn dalle ricerche Google, il 14 luglio si è superato battendo in volata sia Twitter che Facebook per utenti attivi nel mondo (come riporta l'International Business Time)? Se non bastasse ovviamente la Nintendo sta letteralmente volando in borsa (+90% di valore di mercato), considerando che si prevede un aumento di fatturato tra i fra i 150 e i 200 milioni di dollari al mese con solo il 10% di partecipazione della società nel gioco (le restanti quote se le dividono Pokemon Company, Niantic e Alphabet che, avendo investito quasi 30 miliardi di dollari per lo sviluppo dell'app, consente un guadagno diretto anche a Google). Non preoccupatevi però: questi soldi non arrivano "solo" dalle vostre Pokémonete, ma anche da Amazon ed eBay che hanno rilanciato le vendite di accessori legati ai Pokémon, da vari siti online hanno aperto compravendite di cheat e Pokémon tra giocatori e, non da ultimo, dal dispositivo Pokémon Go Plus che, alla modica cifra di 39€, vi permette di giocare anche senza cellulare.
Ovviamente non sono qui per giudicare questa operazione di mercato della Nintendo: dopotutto, anche se a Pokémon Go non ho ceduto (per ora), sedici anni fa mi sono letteralmente sfinita per ore sul mio Game Boy versione "color" con la cartuccia di Pokémon Blu. Con tanto di lotte familiari ovviamente, perché inizialmente il Game Boy era uno solo ed io e mio fratello ci azzeravamo le partite a vicenda, ci accusavamo di "soffiare" nella cartuccia quando non funzionava: in pratica per un annetto buono abbiamo rischiato di ucciderci a vicenda e non solo letteralmente. Poi, come ogni trend che si rispetti, finito sei volte e cresciuti quanto basta per apprezzare altri lati della vita, come molti di voi, ci siamo dati una calmata e quasi dimenticati di Pikachu e del Team Rocket. Alla luce di queste considerazioni, non mi meraviglio certo del boom che l'applicazione abbia così tanti download e utenti attivi: chi di noi non desidera tornare bambino per qualche giorno e vestire i panni di Ash per qualche giorno?
Quello che mi ha davvero stupita di Pokémon Go è la dimensione del videogioco più profonda, quella legata al suo essere costruito sulla realtà aumentata. In questo caso, concedendomi un tecnicismo, attualmente la realtà aumentata relativa a Pokémon Go è quella come già accennato che sfrutta il dispositivo mobile per aggiungere al mondo lì fuori qualcosa, grazie appunto a GPS, fotocamera etc. portandovi appunto in una dimensione vera ma arricchita da Pokémon che sbucano qui e là. E qui, ahimé, caschiamo tutti come asini. É infatti già in atto la prima tranche di un disastro che forse diventerà epocale: gente vestita da Ash per le strade, persone che camminano in tondo come ebeti alzando ed abbassando lo smartphone (perché ovviamente qualcuno ha già mappato le più grandi città mondiali e lì introno c'è un Bulbasaur), folle impazzite a Central Park perché appare un raro esemplare di Charizard e, non da ultimo, immancabili meme e contenuti virali di Pokémon che appaiono laddove non dovrebbero (in testa all'amico, sul sedere della morosa e così via).
Se la cosa si limitasse a questo, personalmente, mi farei delle grandi risate, inizierei a nascondere le persone davvero "invasate" dalla bacheca Facebook e finita lì.
Quello che davvero mi preoccupa è appunto il conoscere la realtà aumentata nei suoi pro e nei suoi contro. Ovviamente non essendo un concetto nuovo ma anzi, di forte interesse sia ideologico che tecnologico dagli anni Ottanta, ha avuto modo di fomentare studi multidisciplinari a riguardo: se da un lato abbiamo quindi oggi la possibilità di sfruttare le nuove tecnologie per progettare, studiare, vedere come ci sta un paio di occhiali senza andare in negozio (vedi il RayBan® Virtual Mirror) e una serie di altre infinite applicazioni per semplificare la nostra vita, dall'altro entriamo in due campi molto pericolosi: la privacy e l'alterazione sensoriale.
Se sulla prima vi rimando al video integrale dell'incontro sulla Privacy e la Realtà aumentata in occasione del "Datageddon" 2014 al CNR di Pisa, oppure al più breve articolo di Forexinfo.it che analizza nello specifico il caso di privacy e Pokémon Go, sulla seconda occorre che io mi soffermi un ultimo istante.
La realtà aumentata in realtà nasce dallo studio e sviluppo di un'altra realtà, quella virtuale. La realtà virtuale (o meglio simulata) è una vera e propria "replica" della realtà, ottenuta generalmente grazie ad una rappresentazione tridimensionale generata dal computer, con vari gradi di affinità con il mondo vero e proprio: da una semplificazione di scenari e ambientazioni fino al foto-realismo e alla possibilità d'azione interattiva con l’ambiente e gli oggetti. L'enorme diffusione di dispositivi wearable negli ultimi due anni, un tempo molto costosi ed utilizzati solo in ambito scientifico, ha permesso a moltissime persone di entrare effettivamente in questa realtà virtuale che, appunto, azzera completamente i cinque sensi facendoti sentire altrove. Attualmente sono l'Oculus Rift, l'HTC Vive e la PlayStation VR a detenere il livello più elevato a portata di tutti: personalmente ho provato l'Oculus Rift, ad un convegno di nerd.
L'addetta allo stand mi aveva avvertita che avrei potuto provare "un leggero stordimento" come una "momentanea perdita dell'equilibrio" in seguito all'utilizzo del dispositivo, a me è andata peggio e sono dovuta restare seduta una mezz'ora buona per ristabilirmi nel mondo reale. Se considerate che l'Oculus Rift si è "limitato" a fregarmi su vista e udito, probabilmente posso immaginare che con dispositivi più completi (con il coinvolgimento di tutti i sensi) diventerei completamente incapace di muovermi per una giornata intera. Incuriosita però ho cercato una spiegazione e pare che sia tutto ovviamente connesso al fatto che il nostro cervello percepisca degli stimoli che immagazzina come veri e che, una volta riprese le funzioni normali, a seconda della ricettività del singolo, ci voglia un po' perché gli stessi neuroni riprendano i dati "standard" relativi alla percezione.
Ora, per cercare di chiudere il cerchio, se da un lato nel mondo ci sono milioni di sostenitori della realtà virtuale, dall'altro sono già da tempo in atto forti critiche etiche, sociologiche e psicologiche dell'ipotetica diffusione di tali dispositivi. Promettendovi però un eventuale articolo di approfondimento in merito, ritorniamo alla scissione realtà virtuale e aumentata: è vero, la realtà aumentata, e di conseguenza il nostro Pokémon Go, non coinvolge il nostro cervello in modo totale ma si limita ad aggiunge livelli visivi e informativi a ciò che i nostri sensi percepiscono. Tuttavia le tecnologie di realtà virtuale sopra citate stanno spopolando proprio tra i fanatici di gaming, tant'è che le maggiori società di settore da anni finanziano gli studi e lo sviluppo di tali tecnologie per rispondere alle richieste del mercato. Senza nulla togliere al divertimento che dà a tutti noi Pokémon Go, tra news improbabili di ritrovamenti di cadaveri e screen del Pokémon raro da condividere per farsi belli con amici e sfidanti, esattamente venerdì scorso ho sognato una versione di Pokémon Go per Oculus Rift: c'ero io che, baldanzosa, giravo per le strade di Milano con tanto di occhiali e cuffie cercando di catturare un Charmander livello 2 muovendo le braccia. Mi sono svegliata di colpo quando ho realizzato che però non ero in una sorta di corsia preferenziale per "realtà virtuale" ma per strada, tra gli ingorghi, le automobili e i tram. In quel momento sono stata pervasa da una sensazione simile a quella provata una volta tolto l'Oculus Rift: disorientamento, instabilità, incertezza su cosa fosse reale o no ed un vago senso di nausea.
«Stavi solo sognando» dico a me stessa, e tutto torna nitido come quando due anni fa il mio cervello era riuscito finalmente a capire che poteva ancora far affidamento sugli occhi e sulle orecchie di sempre, «stavi solo sognando.»
